International Trotskyist Opposition
Opposizione Trotskista Internazionale

Tesi sulla crisi della Quarta Internazionale e i compiti dei trotskisti conseguenti

Approvato dalla Conferenza Internazionale di ricostituzione della Opposizione Trotskista Internazionale (Rimini, 29 ottobre – 1° novembre 2022)

1.

Una internazionale realmente rivoluzionaria, dedicata all’abbattimento della società capitalistica e alla costruzione di una società socialista, deve necessariamente basarsi sul programma e la pratica politica del marxismo rivoluzionario. Cioè sulle basi teoriche, strategiche e tattiche elaborate in primo luogo da Karl Marx, Friedrich Engels, Rosa Luxemburg, Vladimir Lenin, Leon Trotsky e dai movimenti politici che li ebbero come dirigenti. Basi aggiornate sulla base dello sviluppo storico della società e l’esperienza del movimento operaio, però sempre a partire da sé stesse e dal loro contenuto generale, valido tutt’oggi. In questo senso l’unico riferimento conseguente attuale per essa è il trotskismo, che rappresenta il marxismo rivoluzionario della nostra epoca.

Il trotskismo conseguente ha le sue ferme basi nei documenti elaborati sulla linea delle Tesi e Risoluzioni dei primi quattro congressi dell’Internazionale Comunista e dalle prime tre conferenze della Quarta Internazionale: la Conferenza del Movimento per la Quarta Internazionale (1936), la Conferenza di Fondazione (1938) e la Conferenza di Emergenza (1940).

Nei documenti di questi incontri internazionali sono contenute le linee generali programmatiche, strategiche e tattiche che, sviluppate e aggiornate sulla base dell’evoluzione storica dei decenni successivi, costituiscono tuttora le basi politiche del trotskismo conseguente.

2.

La morte di Lev Trotsky e la Seconda guerra mondiale infersero dei duri colpi all’Internazionale. Oltre alla cessazione dei rapporti diretti tra le diverse sezioni, la repressione ne eliminò alcuni tra i più importanti dirigenti, in particolare in Europa.

Il Segretariato Internazionale, sotto la guida del Socialist Workers Party (SWP) statunitense, fu in grado solo parzialmente di adempiere alle proprie responsabilità come direzione sia politica che organizzativa del movimento trotskista internazionale.

Ciononostante, la Quarta Internazionale fece fronte, politicamente e organizzativamente, alla prova della guerra, realizzando ad esempio la sua conferenza europea clandestina sotto l’occupazione nazista nel febbraio 1944 e, tra il 1943 e il ‘46 si riorganizzò compiutamente, spostando nuovamente il suo centro direttivo in Francia.

3.

Nel dopoguerra, nonostante un certo incremento numerico ed aumento d’influenza di quasi tutte le sezioni, l’Internazionale non divenne, come erroneamente avevano previsto Trotsky e tutto il movimento trotskista prima del conflitto mondiale, un centro di organizzazione di massa. A questo fatto si cercò di ovviare sostituendo un’ortodossia volontaristica al metodo dialettico: sotto la direzione di Pablo l’Internazionale agiva come se la crisi di direzione del proletariato fosse in via di risoluzione e lo sviluppo di massa dell’Internazionale possibile in tempi relativamente brevi.

D’altro canto il SWP, principale sezione dell’Internazionale, passava, prendendo anche a pretesto la legge reazionaria Voohris che vietava ad ogni organizzazione americana di avere affiliazioni internazionali, e partendo da una visione ultra ottimistica sulle prospettive della lotta di classe negli USA (il cosiddetto eccezionalismo americano delle tesi del 1946), a una situazione di privilegiamento dell’azione nazionale rispetto al resto del movimento, dimostrando così le sue posizioni federalistiche sul piano dell’organizzazione dell’internazionale

Solo la sezione britannica (Partito Comunista Rivoluzionario, RCP) mantenne una valutazione equilibrata della situazione, cogliendo la realtà della ripresa capitalistica mondiale e dell’espansione in termini non contingenti dello stalinismo, e quindi le difficolta di prossimo sviluppo significativo dell’Internazionale. Pochi altri gruppi (in parte quello diretto da Nahuel Moreno in Argentina) condivisero la posizione dei britannici.

Va aggiunto che nell’unica situazione in cui i trotskisti, disponendo di un vasto sostegno di massa, avrebbero potuto porsi il compito della direzione di un processo rivoluzionario, cioè il Vietnam, essi furono massacrati fisicamente da un lato dalla reazione imperialista franco-inglese, dall’altro dagli stalinisti, minoritari nella classe operaia, ma maggioritari tra i contadini e il sottoproletariato (1945).

Tuttavia, nonostante gli errori, l’Internazionale continuava a basare la sua politica sul trotskismo conseguente. Le Tesi della Conferenza di riorganizzazione (1946) e del II Congresso mondiale (1948), pur con i loro errori, devono quindi far parte del bagaglio storico del nostro movimento.

4.

Il primo grave cedimento opportunista da parte dell’Internazionale avvenne nel 1948 a proposito della rottura tra la Jugoslavia e il Cremlino. Invece di limitarsi a difendere la Jugoslavia nei confronti di un eventuale attacco militare dell’URSS, la maggioranza dell’Internazionale (ancora una volta contro le sezioni britanniche e poche minoranze in alcune altre sezioni) considerò la rottura di Tito con Stalin come espressione di una potenzialità rivoluzionaria da parte del Partito Comunista Jugoslavo. Si caratterizzò il PCJ come “centrista di sinistra” e lo si considerò in via di avvicinamento al trotskismo, mentre si ampliavano sempre più i tentativi di accordo sia con esso che con le forze filo-titoiste nei paesi capitalisti. Fino al 1950 si tenne questa linea. Si trattava evidentemente di un’incomprensione della natura della burocrazia titoista, derivante dalla volontà di trovare la scorciatoia per raggiungere le masse. Ciononostante, la volontà, per quanto illusoria, di guadagnare il PCJ ad un compiuto programma rivoluzionario internazionale e la condanna nel 1950 della sua alleanza con l’imperialismo (voto a favore dell’intervento militare dell’ONU in Corea) fanno risaltare le differenze esistenti tra la politica del 1948-’50 e il pablismo classico quale si esprimerà a partire dal 1951.

L’opportunismo del 1948 apre la strada al revisionismo pablista, ma non raggiunge la stessa gravità.

5.

Il revisionismo pablista che si manifesta alla fine del 1950 e trionfa al III Congresso mondiale del 1951 rappresenta una deviazione opportunista di tipo centrista.

Traendo una falsa lezione dagli avvenimenti inattesi del dopoguerra (il consolidamento e l’espansione dello stalinismo con la creazione degli Stati operai deformati, attraverso le trasformazioni sociali nei paesi occupati dall’Armata rossa e grazie alle rivoluzioni vittoriose in Jugoslavia e in Cina; la guerra fredda; il mancato sviluppo della Quarta Internazionale), le posizioni pabliste giungevano a negare la necessità della lotta per la costruzione di partiti trotskisti di massa in ogni paese del mondo.

Il ruolo di strumento rivoluzionario veniva nella sostanza demandato alla burocrazia dirigente dell’URSS e ai partiti staliniani, spinti a ciò dalla pressione rivoluzionaria delle masse e dal confronto con l’imperialismo, e parzialmente trasformati dall’“inevitabile” formazione e, forse, trionfo al loro interno di tendenze centriste.

Le sezioni della Quarta Internazionale, inserite nei partiti comunisti sulla base della strategia dell’entrismo sui generis, si dovevano limitare ad essere gruppi di discussione tra quadri, con lo scopo di aiutare lo sviluppo del processo rivoluzionario sotto la direzione degli stalinisti.

La delusione per non essere riusciti a trasformarsi in un’organizzazione di massa portava così al liquidazionismo politico.

6.

Le tesi d’opposizione, presentate al III Congresso mondiale (1951), della maggioranza della sezione francese, pur contenendo delle inesattezze e senza trarre il bilancio degli errori anteriori, costituirono la difesa del trotskismo conseguente contro il revisionismo pablista. La difesa delle sue posizioni costò alla maggioranza della sezione francese l’espulsione dall’Internazionale nel 1952.

7.

Fu il sorgere al loro interno di tendenze ultrapabliste, che cioè portavano il liquidazionismo alle sue estreme conseguenze, che spinse le sezioni della Gran Bretagna (da cui il vecchio gruppo dirigente degli anni’40 era stato ormai escluso da una tendenza opportunista diretta da Gerry Healy) e il SWP- US a lanciare, nel 1953, la lotta contro Pablo.

Condotta sulle basi delle concezioni federalistiche del SWP, cioè sulla base dei rapporti tra le direzioni nazionali separate, questa lotta fu lungi dal dare tutti i risultati possibili. Il 16 novembre 1953, prendendo a pretesto i metodi burocratici di Pablo, il SWP con una lettera aperta ruppe con la direzione pablista alla vigilia del IV Congresso mondiale, rifiutando così di combattere una battaglia per guadagnare la maggioranza dell’Internazionale contro Pablo (anche pensando che il prestigio della sezione degli USA avrebbe portato tale maggioranza dal suo lato senza bisogno di una battaglia congressuale). Una settimana dopo, il 23 novembre, la sezione inglese, la maggioranza espulsa dal Partito Comunista Internazionalista (PCI-Francia), la sezione svizzera e il SWP costituirono il Comitato Internazionale della Quarta Internazionale (CI), che dichiarò destituito Pablo e il suo Segretariato Internazionale, si proclamò nuova direzione del movimento e invitò i trotskisti del mondo intero a schierarsi sotto le sue bandiere. Questo appello fu accolto da alcune sezioni dell’Internazionale (Cina, Canada), dalla frazione diretta da Moreno (Argentina) e da minoranze di poche altre sezioni.

Così, anche a causa della tattica scorretta degli antipablisti al momento della scissione, i due terzi dell’Internazionale rimasero con Pablo.

8.

In realtà il Comitato Internazionale, basato sul federalismo organizzativo, non rappresentò in alcun modo la risposta bolscevica al pablismo. Esso fu incapace di trarre le giuste lezioni dalla crisi dell’Internazionale. La politica successiva delle sue diverse organizzazioni dimostrò chiaramente che lo stesso Comitato Internazionale, anche se naturalmente in forma meno grave che il Segretariato Internazionale pablista, era affetto da deviazioni opportuniste di tipo centrista, che la sua natura federalista non poteva che accentuare.

Già nel 1954 questo poteva dirsi per la sezione francese, in cui il settore maggioritario, diretto da Pierre Lambert, che tendeva a sviluppare per posizioni opportuniste verso settori sindacali riformisti, sia socialdemocratici che “pseudo libertari” nel sindacato Force Ouvriére (FO) espulse o obbligò alla rottura il settore più coerente del PCI (Maggioritario) (settore che poi rifluì progressivamente verso il pablismo); nel contempo si adattò nei confronti della rivoluzione algerina al nazionalismo, negando la necessità di lotta per un partito trotskista indipendente e sostenendo una delle due organizzazioni in cui questo si era diviso, il Movimento Nazionale Algerino (MNA), che tra l’altro uscì totalmente sconfitto dallo scontro fratricida con l’altra organizzazione nazionalista piccolo-borghese, il Fronte Nazionale di Liberazione (FNL) (cui capitolarono completamente i pablisti).

Nello stesso anno l’organizzazione diretta da Moreno in Argentina realizzava una svolta di 180 gradi rispetto alle posizioni sino allora tenute (corrette, con qualche punta di settarismo) nei confronti del peronismo, passando ad un adattamento e sostegno a questo movimento nazionalista borghese, neppure radicale, esaltando Peron, inserendosi nel movimento peronista e estendendo tale sostegno a tutti i bonaparte borghesi, anche di destra, visti assurdamente come progressisti e antimperialisti. Così i morenisti giunsero a sostenere gli iniziali successi del reazionario dittatore di Cuba, Batista, considerato antimperialista, contro il movimento diretto da Fidel Castro visto come un uomo dell’Imperialismo USA (sic!). Sullo stesso piano del partito rivoluzionario Moreno revisionò la posizione leninista sul partito d’avanguardia, inventando la prospettiva del cosiddetto Fronte Unito Rivoluzionario (FUR), cioè di un blocco programmatico tra trotskisti e centristi di sinistra, che avrebbe potuto sostituire le funzioni del partito d’avanguardia.

Il SWP, nonostante le difficoltà del periodo maccartista e il suo netto indebolimento nella classe operaia, cercò di mantenersi sul terreno del trotskismo conseguente, ma la crisi del PC americano dopo il XX congresso del PCUS e i fatti di Ungheria del 1956, lo spinse sul terreno di ipotesi di raggruppamento con forme semi-staliniste e piccolo-borghesi progressiste. Benché tale ipotesi fallisse, marcò la politica del partito da allora in poi spingendolo verso il minimalismo, l’abbandono della centralità operaia e il democraticismo. La realtà della rivoluzione cubana lo portò infine ad adattarsi a queste forme di nazionalismo radicale poi stalinizzatasi.

Per la quarta organizzazione più significativa del Comitato Internazionale si verificò stranamente un fenomeno al contrario. “The Club”, come si chiamava cripticamente l’organizzazione entrista diretta da Healy, si era adattata fin dal 1949 a settori centristi del movimento laburista, confondendosi con essi e ponendosi su un terreno minimalista. Era così la più opportunista delle organizzazioni che diedero vita al CI nel 1953. Però in questo caso, al contrario degli USA, la crisi del PC Britannico nel 1956, liberò dallo stalinismo molti militanti di valore. Il gruppo di Healy riuscì a captarne diverse centinaia. Questo spinse l’organizzazione a sinistra e portò nel 1958 alla nascita della importante Lega Socialista del Lavoro (SLL), che passò a sviluppare un entrismo realmente metodicamente trotskista nel Labour Party, portandola a guadagnare la maggioranza nella organizzazione giovanile del Partito Laburista (che per questo fu espulsa dal LP nel 1964). Nei primi anni ‘60 la SLL avrebbe potuto costruirsi come organizzazione conseguentemente trotskista con parecchie migliaia di militanti. Purtroppo, la paranoia del suo principale dirigente, Gerry Healy, la portò a tramutarsi in una organizzazione da caserma. Ogni tendenza o militante dissidente veniva rapidamente escluso e, in questo quadro, molti abbandonavano individualmente l’organizzazione e molti altri che

avrebbero potuto aderirvi erano rigettati dai metodi che vedevano usati. Inoltre, Healy sostituì il metodo materialistico di analisi della realtà e le basi programmatiche di adesione, con uno strano hegelismo idealistico di accatto, secondo lui base del leninismo. Inoltre, sviluppò posizioni sempre più astrusamente catastrofistiche sulla crisi del capitalismo, l’imminenza della rivoluzione e la centralità in tutto questo della Gran Bretagna, della SLL e di lui personalmente. Questo portò ad abbandonare progressivamente il metodo degli obbiettivi transitori, verso un settarismo “massimalistico” (più simile a quello dello stalinismo del terzo periodo che al trotskismo). In questo quadro rientra anche l’analisi di Cuba come un regime bonapartista borghese dominante un’economia capitalistica di Stato.

9.

La riunificazione che si realizzò nel 1963 tra il Segretariato Internazionale pablista ed una parte del Comitato Internazionale, sotto la guida del SWP-US, fu il prodotto della capitolazione del SWP al pablismo, originata dal progressivo spostamento a destra del SWP. Elemento fondamentale di tale spostamento furono i riflessi della rivoluzione cubana, che il SWP analizzò in maniera impressionistica anziché marxista, giungendo anch’esso a negare, almeno per quanto riguardava l’America Latina, la necessità della lotta per la costruzione di partiti trotskisti di massa e abbandonando la strategia leninista della rivoluzione proletaria. D’altro canto, il Segretariato Internazionale, che concordava con il SWP e i suoi alleati (l’organizzazione Palabra Obrera di Argentina, nome del gruppo morenista nell’entrismo nel peronismo, il Partito Operaio Rivoluzionario del Cile, etc.) sull’analisi della rivoluzione cubana e del castrismo (indicato questo ultimo come corrente marxista rivoluzionaria, anche se con limiti teorici), restava nella sostanza sulle posizioni integrali del pablismo liquidatore. Il Segretariato Internazionale aveva infatti abbandonato solo alcuni elementi di analisi (ad es. l’imminenza della Terza guerra mondiale) che si erano palesemente rivelati falsi, ma le sue posizioni fondamentali restavano quelle del 1951, con anzi una più aperta capitolazione al nazionalismo piccolo-borghese dei paesi coloniali ed ex-coloniali (in particolare il regime del FLN visto come un governo operaio e contadino, da sostenere acriticamente), posizione che si collegava con una valutazione impressionistica dell’inatteso nuovo periodo di sviluppo capitalistico del dopoguerra. Valutazione che dal 1964 avrebbe generato la teoria del “neocapitalismo”, con conseguente sostanziale sottovalutazione dell’attualità delle prospettive socialiste e del ruolo rivoluzionario del proletariato nei paesi imperialisti.

Nonostante gli elementi di comunanza politica, l’unificazione del 1963 rappresentava un blocco senza principi, nella misura in cui alcuni temi politici fondamentali (ad es. l’entrismo sui generis nei partiti staliniani e socialdemocratici in Europa), su cui persistevano profonde divergenze tra il Segretariato Internazionale e l’ala diretta dal SWP del Comitato Internazionale, non venivano affrontati per non turbare l’unificazione, mentre nella sostanza passava un accordo in base al quale la reciproca indipendenza – dei pablisti originari per quel che concerneva l’Europa e del SWP per gli USA – veniva garantita.

È in questo quadro che nel 1964 entrarono nel Segretariato anche le organizzazioni facenti parte del Segretariato Latino-Americano del Trotskismo Ortodosso (SLATO) diretto da Moreno, incluso il POR cileno, che abbandonò il trotskismo conseguente (che aveva difeso fino ad allora anche scontrandosi con le posizioni di Moreno) dando vita, con settori castro-guevaristi, al Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (MIR) da cui furono espulsi nel 1969 per il rifiuto di sostenere la strategia del “foco” guerrigliero alla Guevara.

È da notare che proprio nel periodo immediatamente precedente e immediatamente successivo alla “riunificazione” si producono importanti fratture sulla destra del pablismo: nel 1962 la frazione del SI diretta da J. Posadas (significativa in America Latina), rimasta attaccata in maniera astorica a tutti gli aspetti formali del pablismo originario, ivi compresa l’imminenza della Terza guerra mondiale, ed evolvente verso posizioni apertamente pro-staliniste; nel 1964 il Lanka Sama Samaja Party (LSSP) di Ceylon (ora Sri Lanka), la sezione numericamente più importante, ed unica dotata di vasta base di massa nel SU, passata al riformismo controrivoluzionario con l’entrata nel governo borghese di

S. Bandaranaike; nel 1965 la Frazione Marxista Rivoluzionaria sotto la guida di Pablo stesso, all’epoca consigliere del governo algerino di Ben Bella, che estremizzava la posizione del SU sul carattere prioritario della rivoluzione coloniale rispetto alla rivoluzione proletaria nei paesi capitalistici avanzati e capitolava al krusciovismo, tra l’altro sostenendo l’URSS nella polemica con la Cina, al contrario del resto del Segretariato Unificato.

10.

La battaglia contro la capitolazione del SWP fu condotta in seno al Comitato Internazionale essenzialmente dalla Lega Socialista del Lavoro (SLL) di Gran Bretagna e dal Partito Comunista Internazionalista (PCI-Francia, che nel 1963 diventerà l’Organizzazione Comunista Internazionalista – OCI). Tale lotta non fu però basata su un reale bilancio delle esperienze del movimento trotskista dal dopoguerra del CI stesso. In effetti SLL e OCI mescolavano atteggiamenti settari (sull’unificazione in sé, rifiutando cioè di partecipare alla riunificazione per combattere all’interno di un’internazionale unita il revisionismo pablista, come sarebbe stato corretto fare; sulla natura dello Stato cubano) con il mantenimento di una politica sostanzialmente centrista di sinistra.

Il Comitato Internazionale, mantenuto da SLL e OCI con l’appoggio di poche altre organizzazioni (Grecia, Ungheria, minoranza di sinistra del SWP), pur cercando nel suo periodo iniziale (1963-’66) di trarre alcune lezioni dalla storia passata del Comitato Internazionale, non aveva natura politica qualitativamente differente dal Comitato Internazionale degli anni 1953-’62.

11.

La III Conferenza del Comitato Internazionale (1966) bloccò definitivamente ogni possibilità di sua evoluzione a sinistra. Infatti la conferenza riaffermò il carattere federalista dell’organizzazione internazionale (vedi la regola del voto all’unanimità per considerare approvata una proposta) e segnalò la soppressione di una seria discussione politica con l’espulsione della Lega Spartacista degli Stati Uniti per l’aver espresso posizioni genericamente corrette su un certo numero di questioni fondamentali, compresa la natura del pablismo e della crisi della Quarta Internazionale, l’origine degli Stati operai deformati, il carattere dello Stato cubano e la valutazione delle prospettive economico-politiche internazionali.

Il sostanziale condominio bipolare tra SLL e OCI instaurato alla conferenza del 1966 conteneva in germe le premesse della scissione del Comitato Internazionale in due blocchi contrapposti. L’approfondimento delle rispettive politiche divergenti (l’adattamento alla socialdemocrazia internazionale, lo spontaneismo opportunista e la concezione del fronte unico come strategia generale dell’OCI; il nazional-trotskismo, il settarismo verbale – in particolare nei confronti della questione del Labour Party – e la concezione idealistica del rapporto partito-classe del SLL) provocarono infatti prima la stasi politica e poi la spaccatura definitiva del Comitato Internazionale (1971).

12.

Lo stesso SU si rivelò essere una struttura instabile. Alla fine degli anni Sessanta si sviluppò in esso una acuta lotta di frazione che in realtà ricreò la divisione tra la vecchia componente pablista da un lato e il SWP e i suoi alleati dall’altro lato. La prima componente, quella maggioritaria, si adattò al gauchisme piccolo-borghese che dominava i settori radicalizzati della gioventù studentesca. Adottò la linea del guerriglierismo d’avanguardia per l’America Latina. Successivamente, durante gli anni Settanta, teorizzò la “imminenza degli scontri decisivi”, in cui il ruolo di direzione rivoluzionaria sarebbe stato giocato dalle cosiddette “nuove avanguardie con influenza di massa”, cioè l’insieme confuso delle organizzazioni centriste spontaneiste nate dalla radicalizzazione giovanile.

A questo il SWP e i suoi alleati – tra i quali il Partito Socialista dei Lavoratori (PST) di Argentina (nuovo nome dell’organizzazione diretta da Moreno) acquistò sempre più importanza – contrapposero la difesa di posizioni formalmente “ortodosse”. Esse erano, in realtà, un’espressione di un più profondo adattamento al quadro politico della democrazia borghese e di un più classico revisionismo, come dimostrato durante la rivoluzione portoghese del 1974-’75 o la crisi Argentina del 1975-’76.

Questa lotta di frazione si sviluppò in maniera inaspettata nella seconda metà degli anni Settanta. Da un lato il PST argentino, più determinato che il SWP a sviluppare una lotta chiara contro la maggioranza del SU e rifiutando le posizioni più apertamente opportuniste del SWP, costruì la propria frazione internazionale, la Frazione Bolscevica (FB). Dall’altro lato il SWP operò un cambiamento di linea scivolando su posizioni compiutamente castriste e sviluppandole fino alla rottura finale col SU nel 1990.

L’acutizzarsi della lotta di frazione nel SU condusse a una rottura con la Frazione Bolscevica nel 1979, causata dal completo adattamento della maggioranza del SU alla direzione del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) e dalla sua conseguente condanna aperta dell’azione dei trotskisti nicaraguensi e di altri paesi dell’America latina che erano intervenuti in Nicaragua sulla base della politica della Frazione Bolscevica.

13.

La crisi della Quarta Internazionale ha provocato sempre maggiori divisioni organizzative (che non esaminiamo in dettaglio in questo documento), ma non ha significato un passaggio compiuto delle forze del movimento trotskista sul terreno del riformismo e dell’accettazione della società capitalistica e del dominio burocratico.

Nei fatti solo poche organizzazioni di una qualche importanza hanno rotto in maniera decisiva con la prospettiva socialista internazionale: il Lanka Sama Samaja Party (LSSP) di Sri Lanka, che entrò nel governo di fronte popolare di Bandaranaike nel 1964; la “Quarta Internazionale” posadista, ora ridotta a un fantasma politico, che è scivolata su posizioni semi-staliniste a partire dal suo sostegno dell’invasione della Cecoslovacchia nel 1968; la maggioranza della sezione brasiliana del SU Democrazia Socialista (DS interna al Partito dei Lavoratori, PT), che di fronte allo svelamento della natura riformista e del carattere borghese della politica dei governi del PT e del suo leader maximo Lula, mentre la maggior parte della sinistra del PT rompeva e usciva dal partito, si è pienamente adattata, ricevendone in cambio ministeri e altre posizioni di governo e sottogoverno; il Nava Sama Samaja Party (NSSP) di Sri Lanka, nato negli anni ‘70 come rottura di sinistra del LSSS, che è totalmente degenerato dopo il 2015 fino a realizzare un blocco politico organico con un partito borghese conservatore.

Alcune altre organizzazioni, senza passare sul terreno del riformismo o dello stalinismo pieno, hanno rotto totalmente e apertamente con le loro origini trotskiste. Esse rappresentano allo stadio attuale organizzazioni di tipo centrista. I più importanti esempi di questo tipo di organizzazioni sono due partiti di qualche centinaio di militanti negli USA: il Socialist Workers Party (SWP) già ricordato e il Workers World Party (che nacque da una scissione del SWP-US alla fine degli anni Cinquanta ed è caratterizzato da posizioni prostaliniste).

Tuttavia, la grande maggioranza delle organizzazioni che si richiamano al trotskismo ha subito un più limitato processo di degenerazione politica, che le ha portate ad esprimere posizioni politiche di tipo centrista o centrista di sinistra senza aver rotto tutti i loro legami col trotskismo. Queste organizzazioni vivono una contraddizione tra il loro richiamo al trotskismo e il carattere centrista della loro politica. Insieme con le forze che restano sul terreno del trotskismo conseguente esse formano il movimento trotskista mondiale.

La Quarta Internazionale come organizzazione marxista rivoluzionaria unita, o anche divisa organizzativamente in due frazioni, come negli anni ‘50, è certamente morta, ma rimane un movimento trotskista internazionale diviso in una molteplicità, nazionale e internazionale, di organizzazioni separate. Tale movimento trotskista internazionale deve essere considerato il terreno su cui sviluppare una battaglia politica e organizzativa internazionale per arrivare alla rifondazione dell’Internazionale marxista rivoluzionaria, leninista e trotskista.

14.

Le maggiori forze centriste del movimento trotskista internazionale sono quelle che elenchiamo di seguito.

A. Quarta Internazionale (ex Segretariato Unificato della Quarta Internazionale)

Il Segretariato Unificato ha modificato da alcuni anni il suo nome ufficiale riprendendo quello di Quarta Internazionale, con una operazione, nel quadro della attuale situazione del movimento trotskista, abusiva e scorretta. Esso rimane l’erede politico del pablismo liquidatore. Ciò è espresso in primo luogo dalla negazione della necessità di costruire partiti trotskisti a base di massa in ogni paese come strumento necessario per la vittoria della rivoluzione socialista. In maniera assolutamente conseguente con questa posizione, l’obiettivo del SU non è la costruzione di una Quarta Internazionale di massa ma quello di una cosiddetta “nuova Internazionale rivoluzionaria” priva di basi programmatiche complete e conseguenti.

In realtà il SU mantiene il vecchio progetto pablista di liquidare il movimento trotskista in un confuso amalgama centrista o addirittura riformista di sinistra. Il fallimento di questo progetto è dovuto al fatto che i vari “partners” individuati dal SU, anche quando realmente esistenti e non puri prodotti della sua immaginazione, non sono interessati in una prospettiva internazionale, anche di tipo centrista o riformista di sinistra, perché ciò va ben al di là dei loro orizzonti politici e programmatici non rivoluzionari.

Per settant’anni i pablisti hanno cercato le mitologiche “tendenze centriste evolventi verso sinistra” con le quali fondersi, ma non le hanno mai trovate perché queste tendenze o erano in realtà più o meno inesistenti – come le correnti di sinistra nei partiti comunisti negli anni Cinquanta o le “nuove avanguardie con influenza di massa” negli anni Settanta – o non evolvevano verso sinistra.

Questa politica pablista ha portato il SU ad adattarsi politicamente, programmaticamente e organizzativamente a varie forze centriste e riformiste di sinistra. Il tipo di adattamento ha variato da un periodo all’altro. Così, dal 1968 alla metà degli anni Settanta, il SU capitolò alle confuse forze delle organizzazioni centriste spontaneiste prodotte dalla radicalizzazione giovanile di sinistra. Ma alla fine degli anni Settanta il SU cambiò direzione e iniziò ad adattarsi politicamente alle direzioni socialdemocratiche staliniste dei movimenti di massa.

La direzione del SU e delle sue sezioni più importanti cominciarono nuovamente a vedere le loro relazioni con la classe operaia come necessariamente mediate dalle direzioni dei partiti e sindacati di massa o da particolari settori di queste direzioni. Da ciò è derivato il mito della “unità del proletariato”, interpretato come la necessità dell’unità strategica delle organizzazioni del movimento operaio; il sostegno incondizionato alla formazione di governi “di sinistra” nazionali o locali – vedi ad esempio l’iniziale atteggiamento del SU verso il governo Mitterand in Francia nel 1981 –; e l’adattamento alle sinistre riformiste dei sindacati in vari paesi.

Questa politica è continuata nel quadro della nuova situazione di crisi generale del movimento operaio internazionale. La politica opportunistica del SU si indirizza particolarmente verso i riformisti di sinistra. Ne sono esempi il sostegno critico dato dal SU all’ex leader del Partito Comunista Francese Juquin nel 1988 e alla verde Voynet nel 1995, e il suo atteggiamento verso la maggioranza riformista del Partito dei Lavoratori (PT) del Brasile o verso il gruppo dirigente del Partito della Rifondazione Comunista (PRC) italiano, presentando questo partito riformista come un esempio da seguire e il suo ultra-opportunista leader Bertinotti come un quasi rivoluzionario, fino ad appoggiare (anche con il voto costante in Parlamento e anche dopo essere stati costretti a rompere col PRC) il governo imperialista di centrosinistra di Prodi. Ugualmente sostegno a governi borghesi fu dato dalle sezioni del SU in Danimarca e in Portogallo. In nessuno di questi casi, a differenza del Brasile (dove l’ingresso era stato diretto con un ministro) ci furono rotture o critiche da parte dell’internazionale. Va però ricordato che prima e ancor di più del PRC italiano il punto di riferimento era stato il PT brasiliano, visto anche come esempio da internazionalizzare per liquidare in un tale amalgama la Quarta Internazionale.

Nelle nazioni oppresse il SU mantiene un atteggiamento di adattamento alla politica e alla ideologia dei movimenti nazionalisti piccolo-borghesi radicali, come dimostrato tra l’altro dal suo sostegno politico acritico, dopo l’esperienza dell’Algeria dei primi anni ‘60, al regime sandinista in Nicaragua negli anni successivi alla rivoluzione del 1979, arrivando addirittura a presentarlo come regime di dittatura proletaria nel quadro di uno Stato operaio sano.

In tutti i movimenti di massa non proletari il SU si adatta, in base alla falsa teoria del diritto alla piena autonomia dei movimenti, all’ideologia e alle posizioni piccolo-borghesi dominanti.

Nel periodo di esistenza degli Stati operai degenerati e deformati la direzione del SU si è adattata alle forze di opposizione riformista, continuando nei fatti a negare la prospettiva di una vera rivoluzione politica, in una opportunistica ottica gradualista, affidata a forze burocratiche “liberal progressiste” o direzioni politicamente piccolo borghesi di movimenti antiburocratici

Le posizioni revisioniste della maggioranza del SU trovano le loro basi nella concezione oggettivistica del processo rivoluzionario, che il pablismo ha sviluppato fin dalle sue origini. Tale concezione comporta la sottovalutazione del ruolo decisivo del fattore cosciente, soggettivo (il partito trotskista e il suo programma) e la necessità di una lotta cosciente, organizzata e determinata per sviluppare la coscienza rivoluzionaria socialista nelle masse. Questo oggettivismo richiede necessariamente la falsa presentazione dell’attiva prospettiva trotskista della rivoluzione permanente come una sorta di processo oggettivo e più o meno automatico.

Ma nel suo processo di sviluppo del revisionismo la direzione del SU è andata così in là da mettere in questione alcuni elementi chiave del marxismo rivoluzionario. Questo include il ruolo del partito d’avanguardia come strumento necessario per la rivoluzione socialista e la concezione della democrazia proletaria come contrapposta a ogni forma di democrazia borghese.

Gli sviluppi revisionisti delle posizioni della direzione del SU sono apparsi chiaramente nell’atteggiamento preso verso la crisi dello stalinismo internazionale. Dopo decenni di adattamento

allo stalinismo, sotto la pressione dell’atteggiamento piccolo-borghese dominante nel movimento operaio ufficiale e anche tra le masse, il SU è passato a un atteggiamento stalinofobico. Il SU si è mostrato incapace di sviluppare una politica basata sulla difesa intransigente della proprietà collettiva dei mezzi di produzione e sulla contrapposizione della prospettiva della democrazia dei consigli dei lavoratori sia alla dittatura burocratica che alla svolta verso la democrazia formale di tipo borghese. Al contrario la direzione del SU è caduta in un pieno democraticismo centrista, mischiando democrazia borghese e proletaria e applicando criteri formalisti al problema dell’autodeterminazione delle repubbliche dell’URSS e della Jugoslavia.

A partire dalla crisi internazionale dello stalinismo la politica del SU ha registrato un ulteriore scivolamento a destra. Lungi dal cogliere in quanto accaduto la conferma delle previsioni trotskiane e l’aprirsi, pur sulla base di una grave sconfitta del proletariato, di nuove opportunità per la Quarta Internazionale, il SU ne ha tratto conclusioni liquidazioniste, confondendo crollo dello stalinismo e sconfitta della prospettiva socialista. Così, sotto la pressione della “opinione pubblica” riformista e piccolo-borghese democratica è arrivato a parlare di chiusura “per una fase storica” delle prospettive della rivoluzione socialista e a individuare in una utopica “democrazia radicale” la prospettiva strategica per il movimento operaio nella prossima fase. Benché congiunta ad elaborazioni formalmente più “ortodosse” questo è il terreno di riferimento essenziale del SU oggi.

Ciò aggrava ulteriormente la funzione negativa del SU. Essa è evidenziata dal fatto che – mentre la sua politica si allontana sempre più dal trotskismo e mentre tale allontanamento è anche affermato apertamente – il SU mantiene ancora la finzione di presentarsi formalmente come “la Quarta Internazionale”. Così contemporaneamente si irride nei fatti e nella forma alle prospettive storiche dell’Internazionale trotskista e se ne mantiene, invece, la finzione, allo scopo di impedirne la rifondazione su basi conseguenti. In ciò si esprime uno degli aspetti più antirivoluzionari del SU e la sua natura di ostacolo per lo sviluppo del progetto marxista rivoluzionario internazionale.

All’interno del Segretariato Unificato, grazie ad un funzionamento più democratico (e anche più anarchico e federalista) si sono sviluppate diverse frazioni o tendenza di sinistra, che però successivamente sono rifluite o hanno scissionato.

Oggi però si è costituita, su basi sostanzialmente conseguentemente trotskiste, una frazione di sinistra presente in vari paesi (la più importante sezione nazionale è la tendenza Anticapitalisme et Revolution del Nuovo Partito Anticapitalista – NPA) con il nome di Tendenza per una Internazionale Rivoluzionaria (TIR), che ha presentato un testo programmaticamente corretto al Congresso mondiale della QI (ex SU).

Inoltre, esistono compagni che sono più propriamente vicine o sulle posizioni dell’OTI. In primo luogo si tratta della sezione indiana del ex SU, i Socialisti Radicali (RS, vicini alle nostre posizioni) e della frazione Rifondazione & Rivoluzione (R&R) dell’organizzazione Solidarity degli USA, che era parte dell’OTI fino al suo scioglimento nel 2004, con cui divenne sezione USA del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale (CRQI) e che prende pienamente parte al nostro processo di ricostituzione

B. Comitato per una Internazionale Operaia (CWI)

Il Comitato per una Internazionale Operaia, più conosciuto con la sigla inglese CWI (Committee for a Workers’ International) si è sviluppato come proiezione internazionale della Tendenza Militant (MT) britannica, diretta storicamente da Ted Grant, a partire dal significativo successo registrato da essa nel suo lavoro “entrista” nel Partito laburista, negli anni dal Sessanta al Novanta.

La MT ha le sue origini nella frazione di maggioranza della sezione britannica della Quarta Internazionale negli anni Quaranta, il Partito Comunista Rivoluzionario (RCP). Nei congressi internazionali del 1946 (Conferenza di ricostituzione) e 1948 (II Congresso mondiale) il RCP sviluppò una critica generalmente corretta delle analisi politiche della direzione internazionale, in particolare sulla questione della ripresa capitalistica ad Ovest e dell’espansione dello stalinismo ad Est.

La frazione diretta da Grant fu posta ai margini dell’Internazionale perché, ironicamente rispetto al futuro, non aveva seguito la politica di entrismo totale nel Labour Party (LP) proposta dal Segretariato Internazionale e sviluppata col suo sostegno da una larga minoranza diretta da Gerry Healy che si era separata nell’attività pratica dal RCP. Infatti, poiché il tentativo di costruire un partito minimamente significativo a sinistra del LP si rivelò del tutto impossibile e anzi il RCP si indeboliva progressivamente, la sua vecchia maggioranza lo sciolse nel 1949, riunificandosi con la frazione entrista e accettandone la politica. Appena possibile, però, Healy espulse con pretesti vari Grant e le poche decine di militanti che erano rimasti strettamente legati a lui. Perciò la frazione Grant non fu coinvolta direttamente nella scissione della QI nel 1953. Nella seconda metà degli anni ‘50 avvennero però due avvenimenti inaspettati. Il Segretariato Internazionale pablista era rimasto senza sezione in Gran Bretagna. Il gruppo di Grant si offrì, senza considerazioni di divergenze passate e presenti, di diventarlo e il SI, altrettanto opportunisticamente, lo accettò (1957). Il secondo avvenimento inaspettato fu che nel 1959 Grant elaborò un testo intitolato “Bilancio dell’entrismo”, in cui capovolgeva le posizioni sostenute negli anni ‘40, passando a sostenere una ipotesi di entrismo strategico a tempo indeterminato e non solo per la Gran Bretagna. Chiaramente, con queste due decisioni il gruppo di Grant passava dal trotskismo ad un revisionismo centrista.

Successivamente, per più di dieci anni, esistette una contraddittoria relazione tra il gruppo diretto da Grant e il Segretariato Internazionale pablista (successivamente Segretariato Unificato). Dopo la metà degli anni Sessanta il gruppo di Grant si separò dal SU e ciò che divenne la Tendenza Militant, dal nome del suo giornale, ebbe il suo sviluppo autonomo prima come organizzazione nazionale, e successivamente con le sue estensioni internazionali, essendo conosciuta con il nome popolare di Tendenza Internazionale Militant (IMT).

La IMT fu caratterizzata da una decennale strategia generale di “entrismo strategico” in primo luogo nel Partito laburista britannico e successivamente, internazionalmente, in forze di tipo socialdemocratico. In tale periodo la IMT espresse posizioni estremamente settarie verso le altre forze del movimento trotskista, che chiamava semplicemente “le sette ai margini del movimento operaio”.

La strategia di entrismo strategico della IMT ha prodotto una politica di adattamento – in parte formale, in parte reale – a posizioni riformiste, per esempio sulla natura dello Stato borghese e la necessità dell’insurrezione rivoluzionaria di massa per distruggerlo. Sviluppando una concezione di tipo spontaneista sulla “coscienza socialista” della classe operaia, la IMT ha criticato apertamente le concezioni leniniste sul partito espresse nel Che fare?. Pur affermando di applicare il metodo del Programma di transizione, la IMT ha teso in realtà a limitarsi a una propaganda generale, senza tentare di trasformare gli obiettivi transitori in parole d’ordine di agitazione, ove possibile.

La IMT ha sviluppato un grave adattamento all’imperialismo, particolarmente all’imperialismo britannico, mascherato da una demagogia retorica “socialista” e “internazionalista”. Questo è mostrato chiaramente dal suo atteggiamento verso la questione irlandese. La IMT demagogicamente e moralisticamente ha condannato le azioni dell’IRA, eguagliando gli attivisti dell’IRA alle forze paramilitari lealiste e chiamandoli “conservatori verdi”. Nella guerra delle Malvinas nel 1982 la IMT ha preso una posizione di disfattismo bilaterale: no al sostegno per la Gran Bretagna ma per “sanzioni operaie contro l’Argentina” e per l’astratta ipotesi di una “guerra socialista” contro l’Argentina stessa. La IMT ha rifiutato di sviluppare un sostegno conseguente alla lotta di liberazione della Palestina.

Agli inizi degli anni Novanta il CWI ha sviluppato una svolta a sinistra. La base di tale svolta è stato il lungo processo di espulsioni che si era svolto nel Partito laburista britannico contro i sostenitori della MT, inclusi i due compagni deputati al parlamento nazionale. La svolta si è realizzata attraverso una lotta di frazione che ha posto l’ex leader Ted Grant, che rimaneva legato alla totalità delle vecchie posizioni, in una piccola minoranza. La grande maggioranza dei militanti della sezione britannica si sono infatti schierati contro Grant, sotto la direzione di Peter Taaffe, mentre nel complesso delle altre sezioni nazionali i rapporti sono stati più equilibrati, anche se pure su questo terreno una maggioranza si è schierata con Taaffe.

La svolta a sinistra ha prodotto la rottura con la politica di entrismo nel Partito laburista e nelle varie socialdemocrazie sul piano internazionale, con la costituzione di organizzazioni indipendenti, in primo luogo il Socialist Party (SP, anteriormente Militant Labour, ML) di Inghilterra e Galles (in Scozia c’è una sezione separata). Ha inoltre portato alla fine del settarismo assoluto nei confronti delle altre organizzazioni marxiste rivoluzionarie.

Sugli altri terreni, tuttavia, la svolta è stata molto parziale. Il cambiamento più evidente è rappresentato dal fatto che il CWI sviluppa oggi un serio atteggiamento nei confronti delle lotte dei settori specialmente oppressi. Tuttavia, questo raggiunge solamente le posizioni che la maggioranza dell’estrema sinistra ha espresso da diversi anni. Il CWI si è opposto alla Guerra del Golfo e più recentemente alle mobilitazioni imperialiste contro l’Iraq, ma non ha modificato la sua posizione sull’Irlanda. La sua disponibilità a lavorare con altre forze politiche è positiva, ma lo espone a pressioni di forze non solo alla sua sinistra, ma anche alla sua destra. Il CWI continua in generale ad esprimere tendenza ad un adattamento a posizioni democraticiste, in particolare nei confronti del problema della rivoluzione e della dittatura del proletariato. E ancora continua ad esprimere forti elementi di adattamento ai livelli di coscienza spontanei delle masse.

Limiti che non sembra siano stati superati con i recenti sviluppi che hanno portato ha una drammatica crisi e scissione dal CWI stesso (vedi al punto d), la Alternativa Socialista Internazionale.

C. Tendenza Marxista Internazionale (TMI)

La vecchia minoranza del CWI si è costituita nel 1992, sotto la direzione del vecchio Grant (scomparso nel 2006) e di Alan Woods in Tendenza Marxista Internazionale (TMI). Essa ha difeso tutte le vecchie posizioni revisioniste del CWI. Inoltre, ha capitolato totalmente rispetto al regime bonapartista di Chavez in Venezuela, presentato come un grande leader socialista rivoluzionario. In questa capitolazione totale, oltre a rinnegare i principi della rivoluzione permanente e dell’indipendenza di classe, Woods è arrivato fino a teorizzare l’esistenza di uno Stato che non sarebbe né borghese, né operaio, ma tuttavia rivoluzionario e un passo verso lo Stato operaio.

A partire dalla crisi capitalistica internazionale del 2008 la TMI è passata ad una sorta di catastrofismo ottimistico. Ha dimostrato così di non comprendere che, come in particolare Trotsky ha brillantemente esaminato, non c’è un rapporto diretto tra crisi economica e rivoluzione, ma che questa è il prodotto dell’esplosione delle contraddizioni capitalistiche sociali, economiche (quindi anche delle crisi, ma non sempre e non necessariamente) e politiche. In questo quadro si è inventata una radicalizzazione mondiale della gioventù (presente in alcuni paesi, ma in molti altri, in particolare in Europa, no). In questa situazione la TMI ha realizzato una piccola e parzialissima evoluzione a sinistra, cessando anche di praticare, in alcuni paesi, l’entrismo strategico in partiti socialdemocratici o, in genere, riformisti.

Tuttavia, ciò non cambia l’essenziale. Malgrado le sue pretese la TMI resta una organizzazione revisionista del trotskismo in senso centrista, che si distacca su molti principi e metodi del marxismo in modo fondamentale.

D. Alternativa Socialista Internazionale (ISA)

Il CWI ha subito nel 2018/2019 una grave crisi, a partire da un pesantissimo scontro interno che ha visto la scissione di almeno la metà dei suoi militanti. L’origine della crisi è stato lo scontro tra la maggioranza del Segretariato Internazionale e quella del Comitato esecutivo Internazionale. Dietro ad esso c’era quello iniziato dalla direzione della sezione principale e “storica” del CWI, il Partito Socialista di Inghilterra e Galles (SPEW) contro la direzione della importante sezione irlandese (anche qui Partito Socialista, SP) che ha anche una presenza parlamentare. La base politica fondamentale dello scontro è stata intorno alla questione della centralità operaia e del mantenimento delle basi politiche tradizionali del CWI. La maggioranza del SI ha accusato, non senza elementi di ragione, quella irlandese e i suoi sostenitori internazionali (tra cui la più importante sezione del CWI dopo il SPEW, Socialist Action, SA, degli USA) di abbandonare entrambe, privilegiando i movimenti di massa non a diretto carattere proletario (femminile, LGBTQ+, etc.), di adattarvisi e di rifletterne l’ideologia piccolo-borghese. In realtà esisteva anche un altro problema, la messa in questione da parte della maggioranza del Comitato Esecutivo Internazionale della gestione, pur in un quadro formalmente democratico, verticistica e anglocentrica, dell’organizzazione internazionale da parte del Segretariato.

Il carattere dello scontro ha portato ad una drammatica scissione maggiore (accompagnata da altre minori) nel 2019 senza realizzazione dell’ipotizzato congresso mondiale. In esso era probabile che il vecchio Segretariato si sarebbe trovato in sia pur lieve minoranza, ciò che ha affrettato la sua scelta di andare alla rottura proclamando la sua frazione come CWI rifondato.

Pur parlando di scissione di minoranza da parte dei sostenitori del SI, l’altra principale frazione, ha deciso, presumibilmente considerando le revisioni di linea rispetto al passato, di cambiare nome e chiamarsi Alternativa Socialista Internazionale (ISA, sigla in inglese). Come detto, l’adattamento a posizioni movimentiste piccolo-borghesi appare una caratteristica reale di questa organizzazione revisionista. In aggiunta appare, in riferimento alla successiva rottura di alcune piccole sezioni con essa, che i livelli di verticalizzazione e di restrizione del dibattito democratico siano peggiori in essa che nel vecchio CWI, per di più accompagnati da codici di comportamento per i militanti di carattere moralistico, espressioni di posizioni ideologiche esterne a quelle proprie della semplice etica comunista dei marxisti rivoluzionari.

E. Quarta Internazionale (Riproclamata) (lambertista)

Dopo la rottura con il settore healysta del Comitato internazionale (che per conto suo esplose a metà degli anni ‘80, cessando di esistere nei termini precedenti) la corrente diretta da Lambert si costituì in Comitato d’Organizzazione per la Rifondazione della Quarta Internazionale (CORQI). Da allora la corrente lambertista ha avuto varie esperienze internazionali e denominazioni, fino ad arrivare nel 1993 a proclamare la ricostruzione della Quarta Internazionale. Quello che è certo è che la corrente lambertista (in cui in pratica tutte le sezioni nazionali sono strettamente subordinate alla sezione francese, marcata da un profondo nazional-trotskismo) è progressivamente andata sempre più a destra.

La politica lambertista è caratterizzata storicamente dalla capitolazione nei confronti della socialdemocrazia internazionale; dall’adattamento politico al livello tradeunionista di coscienza della classe operaia; dalla trasformazione in strategia permanente della tattica del fronte unico operaio

(e nei paesi oppressi del fronte unico antimperialista); dalla stalinofobia; dal catastrofismo politico- economico con la teoria perpetua della “imminenza della rivoluzione”; dalla assurda teoria, contraddetta già dai testi di Trotsky degli anni ‘20 oltre che dal buon senso, che le forze produttive hanno cessato di crescere dal..1913; dall’assunzione della “democrazia” (borghese) e della difesa delle nazioni, anche imperialiste (ad es. in rapporto alla Unione Europea) come asse programmatico strategico,

Le organizzazioni lambertiste sono caratterizzate dalla completa mancanza di democrazia interna, in particolare nel PCI francese. I suoi dirigenti si sono messi in luce per la campagna di calunnie e metodi banditeschi utilizzati contro gli avversari politici in particolare in occasione delle maggiori scissioni internazionali conosciute dal CORQI (1972-1980), e nel blocco di breve durata con la tendenza morenista nel Comitato paritetico (1979-80) e nella Quarta Internazionale (Comitato internazionale) (1980-81).

Sviluppando sempre più posizioni antileniniste, il lambertismo, come altre tendenze revisioniste, liquida la prospettiva di costruzione di partiti trotskisti in ogni paese e di una Quarta Internazionale di massa. Cerca così di creare le condizioni per unificare le cosiddette “tendenze legittime del movimento operaio”, dichiarando di basarsi sulle tradizioni della I e della II Internazionale, in contrapposizione al “settarismo organizzativo” della III Internazionale.

Sviluppando questa prospettiva congiunge un estremo opportunismo – legandosi con tendenze e organizzazioni marginali su scala internazionale ed essenzialmente riformiste o semi-riformiste come il MIR venezuelano – con il bluff più demagogico. Così, nel gennaio 1991 la corrente internazionale con le sue sole forze più alcuni piccoli alleati riformisti o piccolo-borghesi, ha proclamato una cosiddetta Alleanza internazionale dei lavoratori per l’Internazionale operaia e una sua sezione continentale, la Alleanza europea dei lavoratori.

In Francia nel novembre 1991 il PCI ha proclamato, su una base minimalista e semi-riformista, un cosiddetto “Partito dei Lavoratori” che dovrebbe unificare trotskisti, anarchici, socialisti e comunisti conseguenti. Questo Partito dei Lavoratori non è niente di più che una struttura controllata burocraticamente dal PCI che raggruppa essenzialmente i suoi membri e simpatizzanti stretti più un piccolo numero di militanti operai individuali ingannati dalla demagogia lambertista.

Questa assurda e ridicola posizione è continuata nella ulteriore trasformazione della organizzazione lambertista francese in Partito Operaio Indipendente, in cui formalmente la sezione della Internazionale è solo la Corrente Comunista Internazionalista, che ovviamente ha in sé la maggioranza assoluta degli iscritti del POI.

Nel 2015 questo ha subito una importante scissione, che ha visto la rottura di oltre un terzo dei militanti, compresi i tre componenti della Segreteria nazionale. Di fronte ad insuccessi elettorali la maggioranza del Comitato Centrale, contro la Segreteria, voleva passare a centrare tutto il lavoro del partito sull’intervento sindacale (in generale piuttosto opportunista, in particolare nel Sindacato socialdemocratico Forza Operaia, FO). Inoltre, vi era una vecchia ostilità della maggioranza dei dirigenti e quadri dirigenti provenienti dalla generazione del ‘68 o prima e il successore designato da Lambert (molto nel 2008), segretario generale del POI, Daniel Gluckstein, che aveva fatto il ‘68 tra i pablisti e aveva inaspettatamente raggiunto, con una scissione importante, i lambertisti solo nel 1980.

Da questa scissione è nato il Partito Operaio Indipendente Democratico (POID). Su un puro terreno di immagine questo appare meno settario del POI, ma nella sostanza nulla è cambiato. Il POID resta il partito di tutte le “tendenze legittime del movimento operaio” e l’organizzazione formale dei trotskisti, al suo interno, è la Tendenza Comunista Internazionalista. Lo slogan centrale di riferimento del POID resta quella del POI, cioè “per la Repubblica, la Democrazia e il Socialismo”.

E quando il POID ha costituito la sua organizzazione Internazionale (riprendendo il nome di Comitato d’Organizzazione per la Rifondazione della Quarta Internazionale, CORQI), raccogliendo anche qui una parte, minoritaria, del lambertismo mondiale, ha posto come primo articolo del suo programma “Le forze produttive dell’umanità hanno cessato di crescere nel 1913 e questo ha aperto la fase della rivoluzione socialista” (sic!, con buona pace, evidentemente di Marx, Engels e della Comune di Parigi).

F. Lega Internazionale Socialista (LIS)

La Lega Internazionale Socialista è il raggruppamento internazionale che si è costituito a partire da uno dei frammenti del morenismo argentino e internazionale. Il morenismo si era rafforzato dopo la fine della dittatura militare in Argentina nel 1983. Aveva costituito una organizzazione, a nome Movimento al Socialismo (MAS), sia pure sulla base di un programma trotskista distorto e molto “attenuato” con diverse migliaia di militanti. La stessa cosa era avvenuta nello stesso periodo in Brasile con la costituzione della corrente Convergencia Socialista (CS) del Partito dei Lavoratori.

Come visto, la tendenza morenista è stata sempre caratterizzata da ampie variazioni e contraddizioni nelle sue posizioni politiche, sia nel corso della sua storia che in differenti paesi allo stesso tempo. Ha infatti portato avanti una scala estremamente ampia di prospettive differenti: dal più marcato adattamento alla burocrazia sindacale all’antisindacalismo; dall’aperto sostegno a una politica di fronte popolare al rifiuto di ogni tattica di fronte unico verso le organizzazioni riformiste o nazionaliste piccolo-borghesi; dall’abbellimento dei regimi stalinisti a forme di stalinofobia.

La base di questo caotico zigzagare è data da un’accentuata spregiudicatezza opportunistica, vera e propria ideologia del “morenismo”, che ne ha fatto una corrente camaleontica incapace di sviluppare su serie basi trotskiste il processo di costruzione di partiti rivoluzionari.

Questa politica revisionista a zig-zag è proseguita anche dopo la rottura della corrente morenista con il Segretariato Unificato (1979) e la costituzione, dopo il breve periodo di blocco col lambertismo, della Lega Internazionale dei Lavoratori (1982, meglio conosciuta con le sue iniziali in spagnolo e portoghese, LIT).

Il MAS argentino come i suoi predecessori ha avuto infatti un record di consolidata politica centrista, caratterizzata, nonostante alcune oscillazioni e svolte a sinistra, da adattamento alla burocrazia sindacale, al nazionalismo borghese e al fronte populismo, e dal mascheramento del carattere rivoluzionario del proprio programma. Inoltre, per molti anni il MAS ha seguito una politica di blocco elettorale e politico con il Partito Comunista argentino, anche in questo caso con alcuni zig-zag. Partendo da una concezione errata del fronte unico, i morenisti hanno trasformato il loro blocco con il Partito Comunista da una tattica specifica per obiettivi concreti in una strategia nonostante il carattere politicamente riformista e organizzativamente burocratico del Partito comunista stesso.

Ma dopo la morte di Moreno (1987) le contraddizioni latenti sono esplose, anche in conseguenza del fatto che il MAS credeva che l’Argentina della fine degli anni ‘80 fosse alla vigilia di una esplosione rivoluzionaria, in cui addirittura il MAS poteva prendere il potere. L’impatto della non realizzazione, nemmeno in forma parziale, di tali assurde prospettive non poteva che essere dirompente. Il morenismo si frantumò in diverse organizzazioni, tra cui la più a destra e probabilmente la più significativa (con un migliaio di militanti) fu il Movimento Socialista dei Lavoratori che, anche lì con i settori più a destra della LIT (importanti in Brasile), fondò la Unità Internazionale dei Lavoratori (UIT) nel 1997.

Il MST continuò la politica del MAS di blocchi elettorali politici con forze riformiste, piccolo borghesi, peroniste di sinistra, non come scelta tattica, ma come strategia per porsi alla sinistra di tali blocchi,

trasformando una eventuale alleanza elettorale (del resto nel quadro dato assolutamente opportunista) in un blocco politico riformista di sinistra senza caratterizzazione di classe (Movimento Progetto Sud). Nel corso dello sviluppo della crisi rivoluzionaria dei primi anni 2000 la maggioranza del MST si impegnò correttamente (anche se con elementi di adattamento) nel movimento dei “piqueteros” (disoccupati organizzati). Questa azione si scontrò con le posizioni settarie di una larghissima minoranza del partito, che alla fine realizzò una scissione, costituendo Izquierda Socialista (IS), scissione che ebbe il sostegno della maggioranza della UIT.

Questo lasciò il MST per diversi anni in una situazione di inesistenza di una propria organizzazione internazionale, almeno dal punto di vista formale, mantenendo solo una rete telematica con alcune organizzazioni, in particolare latino-americane, avvicinandosi, senza però mai entrarvi, al Segretariato Unificato. In questo periodo, in netto contrasto con le altre organizzazioni di origine morenista, ebbe una posizione di pieno adattamento al chavismo, esaltando la cosiddetta “rivoluzione bolivariana”.

Negli ultimi anni ha avuto una parziale svolta a sinistra. Ha rotto con le forze del centrosinistra e si è unito al fronte delle altre principali organizzazioni trotskiste argentine il Fronte della Sinistra e dei Lavoratori (FIT), che alle elezioni del 2021 ha preso il 6% dei voti.

Anche sul piano internazionale ha rotto nei fatti col chavismo, opponendosi da sinistra, con la sua sezione venezuelana (Marea Socialista) al presidente Maduro.

Questa piccola svolta non ha però modificato il carattere revisionista e centrista della politica del MST. Infatti, nel FIT ha subito posto il problema di un allargamento del fronte verso forze più moderate, mentre la battaglia contro Maduro è stata fatta in larga misura in nome del “chavismo originario”.

In questo quadro di parziale modifica l’MST e i suoi alleati hanno rotto con il SU e hanno dato impulso ad un’operazione di raggruppamento che ha coinvolto principalmente due organizzazioni. La prima è stata l’organizzazione pakistana The Struggle, già sezione della Tendenza Marxista Internazionale, che aveva sviluppo un lungo processo di “entrismo strategico” nel partito borghese progressista Partito del Popolo Pakistano (PPP) ed era stato espulso dalla TMI nel 2016, perché l’Internazionale voleva, nell’ambito della ricordata visione “catastrofista” della situazione mondiale che l’organizzazione pakistana cessasse il suo lavoro entrista nel PPP ed essa si era rifiutata di farlo (salvo poi uscire dal PPP due anni dopo la rottura). La seconda è il Partito Socialista dei Lavoratori (SEP) di Turchia, proveniente dalla tradizione “cliffista” dei teorici del carattere capitalista di Stato degli Stati operai degenerati e deformati.

Da questo raggruppamento è nata nel 2019 la Lega Internazionale Socialista (LIS). Benché nel quadro devastato del movimento trotskista internazionale una ipotesi di raggruppamento, invece che di divisione, appaia positiva, sembra che questo non sia una unificazione realmente su basi programmatiche comuni, ma piuttosto di convenienza, a meno che tali basi non vengano fornite da una forse probabile “colonizzazione” della LIS da parte del MST. In ogni caso la LIS si presenta come il MST come una organizzazione revisionista con politiche di tipo centrista.

G. Unione Comunista Internazionalista (Lutte Ouvrière)

L’Unione comunista internazionalista rappresenta la proiezione internazionale dell’organizzazione francese Lutte Ouvrière (LO), con piccoli gruppi, i più importanti dei quali ad Haiti, e nei dipartimenti “francesi” di Guadalupa e Martinica.

LO ha le sue origini in un gruppo formatosi in Francia nel corso della Seconda guerra mondiale su posizioni settarie (Gruppo comunista-Lutte de Classe, dopo la guerra Union Communiste), che nel 1944 rifiutò di unificarsi con le altre tendenze trotskiste nella nuova sezione francese della Quarta Internazionale.

La politica di LO è caratterizzata da un economicismo che fa sì che il metodo della lotta per gli obbiettivi transitori sia fuori dalla sua comprensione reale e che l’utilizzo di un programma transitorio sia per LO assolutamente occasionale. Tale economicismo si accompagna ad un astratto propagandismo popolare (in parte positivo, ma non raccordato dialetticamente – col metodo transitorio, appunto – con le lotte odierne) sulle prospettive del comunismo. LO ha il mito di costruire un “partito genuinamente operaio” individuando erroneamente la causa della crisi della Quarta Internazionale – una crisi che essa considera come avente origine nel periodo di formazione dell’Internazionale stessa – nella composizione piccolo-borghese dell’organizzazione. Questa concezione mostra la visione nazionale di LO perché, sebbene la sezione francese avesse questo problema obiettivo alla fine della Seconda guerra mondiale, altre sezioni avevano una assai più larga composizione proletaria – per esempio il RCP britannico, la sezione belga dell’Internazionale, il SWP-US, il POR boliviano, e il LSSP di Sri Lanka – e ciò non ha impedito né la crisi della Quarta Internazionale né processi degenerativi su basi nazionali.

Sulla base delle posizioni su indicate LO ha adottato metodi non leninisti di intervento, organizzazione e funzionamento interno. La politica di LO è caratterizzata dalla costante sottovalutazione dei livelli di crisi sociale e di scontro di classe in atto e dal misconoscimento delle potenzialità che le crisi politico-sociali offrono al movimento operaio. Questo è stato particolarmente vero nella crisi rivoluzionaria del maggio ‘68 ed è continuato in ogni successiva ascesa del movimento di massa, in cui tutti i limiti centristi della politica di LO sono apparsi alla luce.

LO ha avuto tradizionalmente una analisi semicapitalistica di Stato degli Stati operai degenerati e deformati, riconoscendo l’URSS come Stato operaio degenerato (caratterizzazione che ancora propone astoricamente per gli Stati prodotti dalla sua esplosione) ma considerando gli Stati operai deformati come società capitaliste di Stato.

La posizione operaista di LO la conduce ad astenersi da molte lotte politiche e ciò ha conseguenze negative per quanto riguarda le sue posizioni sull’oppressione speciale, soprattutto l’oppressione delle donne e quella degli omosessuali e delle lesbiche.

Malgrado i limiti centristi della politica di LO, la sua capacità di sviluppare una sia pur astratta propaganda comunista, la coerenza di una costante presentazione elettorale e il mantenimento di una netta opposizione al riformismo socialdemocratico e stalinista avevano portato LO a ottenere, a partire nel 1973, un successo elettorale che si è consolidato arrivando tra il 1995 e il 2002 a una percentuale del 5-6 % del voto totale (circa un milione cinquecentomila voti). Ma LO è stata incapace di sfruttare questo importante successo per la costruzione di un vero partito rivoluzionario del proletariato. Anzi, ne ha minimizzato in maniera ridicola il significato allo scopo di salvaguardare la propria realtà politico-organizzativa attuale e non porre in questione le proprie caratteristiche settarie e organizzativamente antileniniste, non democratiche (anche con criteri moralistici di vita personale estranei alla tradizione del marxismo rivoluzionario). Inoltre, ha cominciato a zigzagare tra settarismo e opportunismo. Sul terreno dell’opportunismo si è ad esempio presentata nel 2008 nelle liste locali insieme alla “sinistra plurale” riformista per cercare di non perdere, con questo escamotage senza principio, la presenza nelle istituzioni amministrative, come probabile per il calo di voti.

La complessiva politica di LO lontana dalla vera pratica rivoluzionaria e dal buon senso le ha reso impossibile affrontare le difficili sfide politiche dell’ultimo decennio, come in primi la nascita della Francia Insoumise del demagogo socialsciovinista e riformista Mélenchon, già “infiltrato” lambertista nel Partito Socialista e poi ministro di Mitterand. Oggi LO è indebolita organizzativamente, ma soprattutto ha perso il grande sostegno elettorale di un tempo, arrivando a risultati sotto l’1%.

15.

In aggiunta alle tendenze revisioniste che abbiamo su indicato, vi sono altre tendenze. Alcune sono organizzazioni nazionali, in alcuni casi con un ruolo relativamente significativo nel loro paese; alcune sono tendenze internazionali, formalmente o informalmente costituite.

Le più significative di queste forze si situano alla sinistra del movimento trotskista e si pongono – a volte con limiti ed errori – sul terreno del trotskismo conseguente.

A. Partido Obrero (Argentina) e Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale (CRQI)

Il Partido Obrero di Argentina è stato fino a pochi anni fa la principale organizzazione del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale (CRQI). Esso era stato, con il nome di Politica Obrera, la seconda organizzazione trotskista argentina, nata nel 1964, ponendosi nettamente a sinistra del revisionismo centrista morenista.

Alla fine degli anni ‘60 si legò all’importante Partito Operaio Rivoluzionario (POR) (Masas dal nome del suo giornale) boliviano rimasto storicamente indipendente sia dal Segretariato Internazionale che dal Comitato Internazionale. Lo seguì quindi nell’internazionale lambertista (CORQI), da cui fu vergognosa espulsa con un corollario di calunnie politiche nel 1979 (quando il lambertismo tentò la ricordata manovra di unificazione, con il morenismo). Anche in questo caso il POR solidarizzò con PO, e insieme con poche altre organizzazioni sudamericane diedero vita alla Tendenza Quarta Internazionale (TQI).

Benché schierata chiaramente alla sinistra del revisionismo centrista la TQI risentiva delle posizioni e della natura politica del POR che, dietro una demagogia ortodossa e a volte ultrasinistra, nasconde una politica reale più vicina a un menscevismo di sinistra ideologico e settario, come si è visto nell’atteggiamento rinunciatario (esatto contrario del metodo leninista) nei processi rivoluzionari in Bolivia del 1952 e del 1984.

Gli errori politico programmatici della TQI erano costituiti da una concezione del Fronte Unico Antimperialista nei paesi dipendenti, che tendeva ad ipotizzare la presenza al suo interno anche di forze nazionaliste borghesi di sinistra, concezione che ebbe la sua importanza nell’atteggiamento opportunista del POR nella rivoluzione boliviana del 1952. Sulla questione elettorale le posizioni oscillavano da una concezione della presentazione elettorale come espressione di fronte unico (e non, come tradizionale posizione trotskista, di propaganda marxista rivoluzionaria, sia pure intesa in maniera flessibile) ad una opposta, di astensionismo settario (il POR si presenta raramente alle elezioni in Bolivia e per quanto riguarda l’appoggio esterno, basti pensare che esso e la sua attuale piccolissima corrente internazionale ha fatto appello all’astensione in Cile nel 2021 tra Kast e Boric).

La TQI e il POR, in primo luogo, esprimevano posizioni del tutto settarie nei confronti delle organizzazioni revisioniste del trotskismo, classificandole tout court come “controrivoluzionarie”, rinunciando in termini settari ad alcune categorie interpretative fondamentali del marxismo rivoluzionario, come quella di “centrismo”.

Un altro terreno di errore importante era dato dall’analisi della situazione della crisi del capitalismo e dello sviluppo dei movimenti di massa. La TQI tendeva ad avere una visione catastrofista della crisi economico-finanziaria del capitalismo. Ugualmente e congiuntamente tendeva a sovrastimare il significato delle crisi politiche e delle risposte – attuali o potenziali – di massa alla crisi capitalistica. Benché anche su questo terreno ci fossero alcune dialettizzazioni e si fosse lungi da visioni iperottimistiche come quelle sviluppate in passato da altre tendenze del movimento trotskista (ad es. la tendenza morenista con cui il PO polemizzò con acutezza teorica su questo terreno negli anni ‘80 e ‘90), questi errori analitici devono essere criticati, a favore di un più coerente e dialettico approccio alla realtà, quale base per elaborare una corretta tattica di azione dei trotskisti conseguenti.

Un salto a positivo per il PO si ebbe agli inizi degli ‘90, quando esso ed alcune organizzazioni ad esso legate (Partito dei Lavoratori-PT di Uruguay e Partito della Causa Operaia-PCO del Brasile) ruppero con il POR boliviano (portando allo scioglimento della Tendenza Quarta Internazionale), con critiche corrette, in particolare al suo atteggiamento rinunciatario e sostanzialmente opportunista nelle situazioni rivoluzionarie. E soprattutto l’atteggiamento concreto del PO nella lotta di classe appariva conseguente trotskista (al di là di qualche errore, come il blocco elettorale in una occasione con una forza maoista).

Per questo nel 1994 come OTI decidemmo di inviare un nostro delegato in Argentina e di proporre al PO di unificare le nostre due tendenze. In questa attenzione centrale al PO, allora molto più debole di oggi (2022) vi era anche una conoscenza precisa del Partito e del suo carattere, maturata prima in una comune presenza “critica” nel CORQI lambertista tra esso e nostri compagni italiani che avrebbero partecipato ai successivi sviluppi che avrebbero portato all’OTI e le iniziali discussioni per verificare una possibilità di unificazione nel 1979-’82 tra la TQI e l’allora Comitato di Collegamento Trotskista Internazionale (TILC, dalle iniziale in inglese), predecessore dell’OTI. Discussione difficile anche a causa della mostruosa dittatura militare in Argentina e conclusasi a causa della crisi del TILC nel 1982-’84.

Il PO e il suo massimo leader Jorge Altamira, vero “capo massimo” del Partito (in termini che ci sorpresero e portarono alcuni compagni dell’OTI a sollevare obbiezioni sull’ipotesi avanzata) accettarono parzialmente e con lentezza la nostra proposta. Questo portò alla nascita nel 1997 del Movimento per la Rifondazione della Quarta Internazionale (MRQI). Questo vide il confluire di tre esperienze diverse. Quella del PO e delle organizzazioni latino-americane a lui legate, quella della nostra OTI e quella del Partito Operaio Rivoluzionario (EEK) di Grecia, che proveniva dalla tradizione del CI healysta.

Questo raggruppamento era del tutto principista nella tradizione del metodo trotskista conseguente. Indicati i punti essenziali per il raggruppamento (i “quattro punti”), il Movimento si poneva oggettivamente come fase intermedia verso la Quarta Internazionale rifondata.

Sfortunatamente la comprensione del metodo conseguente della battaglia per la rifondazione della Quarta era sconosciuta a Jorge Altamira. Intanto il MRQI non era costituito su basi centraliste democratiche, ma federalistiche. Ma soprattutto Altamira pensava che il processo dovesse passare essenzialmente attraverso la conquista di organizzazioni o correnti significative sia del movimento trotskista che centriste (o a volte addirittura riformiste o staliniste di sinistra), convinte essenzialmente sulla base delle capacità dialettiche e teoriche di Altamira stesso e lo sviluppo, certo importante, del PO in Argentina. Non comprendeva, al di là della critica, a volte formalmente esagerata dei revisionisti, che la maggioranza di essi era diretta da gruppi o conventicole autocentrate e che uno degli aspetti fondamentali della battaglia per il raggruppamento e la rifondazione (oltre ovviamente all’intervento concreto nella lotta di classe nei paesi dove si è presenti con una qualche forza) è la battaglia di frazione all’interno delle forze centriste o riformiste di sinistra, anche a partire da piccolissimi nuclei di compagni ed una attività propagandistica. In effetti l’unica conquista relativamente importante fu, tramite l’EEK, quella del Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (DIP) di Turchia.

Così per Altamira, contraddittoriamente con le sue analisi catastrofistiche, i tempi potevano sempre essere lunghi. Pertanto, il MRQI si mantenne con un funzionamento totalmente federalistico fino al 2004. In quest’anno Altamira, anche sulla base dello sviluppo del PO a partire dal suo ruolo nella situazione rivoluzionaria in Argentina nel 2001-2002, decise di realizzare la trasformazione del MRQI in una organizzazione centralista democratica, il Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale (CRQI). Benché in modo abbastanza caotico, il congresso fu l’unico momento nella storia del MRQI/CRQI in cui ci fu una discussione politica significativa (con la presentazione da parte della maggioranza dei compagni dell’ex OTI di 7 importanti emendamenti, certo respinti, al programma del CRQI). Naturalmente, al momento stesso dell’apertura del congresso, come OTI ci sciogliemmo (e questo spiega che gli emendamenti non siano stati tutti presentati dall’insieme dei delegati proveniente dall’OTI).

Tuttavia, questo non fu la premessa dello sviluppo del funzionamento serio del CRQI. Le riunioni si concludevano sempre con risoluzioni, in generali catastrofiste, general-generiche. Addirittura, fu interrotta la pubblicazione del giornale internazionale “El Obrero Internacional”. Nessuna traduzione di testi, nessun vero bollettino internazionale. Non fu intrapresa seriamente nessuna azione internazionale. Altamira ha poi continuato nell’analisi politica il suo costante empirismo poco relazionato ai principi e alla storia del movimento trotskista (naturalmente sempre in un quadro concreto marxista rivoluzionario), addirittura sviluppando una polemica (assurda per un leninista e trotskista conseguente) contro il “librismo”. Così, anche in questo caso, visto che anche la nascita del CRQI non attirava significativa attenzione internazionale e che i contatti centristi a-trotskisti (es. in Brasile e Bolivia) capitolavano al riformismo, Altamira è rapidamente passato ad un atteggiamento passivo verso l’attività e l’esistenza stessa del CRQI.

Il secondo congresso del CRQI previsto per il 2007 non si è mai realizzato e il poco di discussione che si realizzava non coinvolgeva veramente l’insieme dei militanti delle varie organizzazioni del CRQI (con la eccezione del Partito Comunista dei Lavoratori-PCL italiano, la principale organizzazione originata dal vecchio OTI, che realizzava costantemente specifiche Conferenze Internazionali e specifici punti nei suoi congressi dedicati alla situazione del CRQI, traducendo il massimo di materiale possibile).

Il non funzionamento è diventato più chiaro a partire dal 2011, momento da cui hanno cessato di funzionare, anche solo formalmente, gli organismi internazionali del CRQI, tutto ciò sempre per decisione univoca di Altamira. E ancora più netto nel 2014 quando a partire da Altamira stesso si riconobbe l’evidente, cioè che il CRQI come organizzazione centralista democratica aveva da tempo cessato di esistere. Il PCL combatté costantemente, in tutte le riunioni internazionali questa situazione, che definì giustamente funzionamento anarco-bonapartista, ma fu impossibilitato a modificarla. Ciò anche per le contraddizioni e la codardia politica degli altri due principali partiti del CRQI (dopo l’esclusione di fatto, formalmente scorretta in larga misura per sua responsabilità, del PCO brasiliano), cioè l’EEK e il DIP, tutti contrariati dall’atteggiamento di Altamira e sostenitori della necessità di realizzare il secondo congresso e di sviluppare tra tutto il CRQI la discussione sui problemi organizzativi, ma incapaci di sviluppare una battaglia politica con noi, come espresso in una riunione a tre nel 2013, in cui rifiutarono la nostra proposta di lanciare una tendenza congiunta nel CRQI per tentare di raddrizzare la situazione. In questo quadro nel 2014 o 2015 sarebbe stato logico, senza rompere con il quadro, pur largamente fittizio, del CRQI, rifondare l’OTI, tornando alla situazione del MRQI. Non farlo è stato un errore.

Mentre la situazione si trascinava tra l’ipotesi di realizzare finalmente il mitico secondo congresso e la discussione politica su questo, il DIP in particolare continuava a zigzagare tra ipotesi di battaglia comune e il ritiro delle ipotesi stesse. Si è giunti infine nel 2017, all’esclusione, del tutto anti-statutaria e senza regole, da parte di Altamira, del PCL dal CRQI, basata presumibilmente sulla paura che noi stessimo (cosa ovviamente non vera) per unirci alla Frazione Trotskista (FT, diretta dal Partito dei Lavoratori Socialisti, PTS argentino).

EEK e soprattutto DIP dichiararono di non essere d’accordo, ma ancora una volta capitolarono rapidamente. Del resto, le posizioni dei due partiti si distanziavano sempre più dalle nostre, andando verso un “campismo” (difensismo di Russia e Cina) e un adattamento a forze staliniste di sinistra.

Al contempo si verificava però un cambiamento epocale nel PO. Sconfitto inaspettatamente alle primarie del FIT per le presidenziali del 2016 da un giovane dirigente del PTS e con un prestigio nettamente diminuito, Altamira decideva (con l’evidente scopo di recuperare successivamente il prestigio perso) di uscire al congresso del PO di quell’anno (il PO fa congressi annuali) da ogni organismo dirigente. Dopo un anno, nel 2017 si ripresentava con il solito atteggiamento di “Capo massimo”, criticando aspramente tutto e tutti e soprattutto i documenti preparatori del congresso. Ma questa volta la stragrande maggioranza dei dirigenti del PO, freschi di un anno di attività del tutto più seria senza il dominio altamirista, hanno respinto questo metodo e la ipotesi altamirista di ritornare alla situazione precedente. Da quel momento Altamira ha cercato di creare le condizioni o per riprendere in mano il partito o per organizzare una scissione. Infine, al congresso del 2019, avuto su un documento presentato con l’appoggio di pochi altri vecchi dirigenti il 23% dei voti, ha realizzato la rottura. Dopo aver giurato al congresso di voler mantenere l’unità del partito ha chiesto il diritto di frazione pubblica, affermando incredibilmente di difendere con ciò il centralismo democratico, quello che lui aveva sempre ignorato e violato, in particolare sul piano internazionale, e realizzando poi la creazione di una nuova organizzazione, demagogicamente chiamata Partido Obrero-Tendenza e oggi sempre più conosciuta dal nome del suo giornale Politica Obrera. La quasi totalità del CRQI (EEK, DIP, PT) si è, sia pure con incertezza, schierato di fatto con Altamira, ma dopo alcune ipotesi di ripresa il CRQI è ripiombato nella inesistenza politica reale.

La rottura del PO con Altamira è un fatto molto positivo. Benché nessuno possa negare a quest’ultimo delle significative capacità politiche, che hanno permesso al PO di crescere ininterrottamente dal 1964 in poi, la gestione bonapartista, erratica e empirica, in primo luogo sul piano internazionale, hanno limitato le possibilità del PO di giocare un ruolo ancora più importante. E in ogni caso il perdurare in questa situazione poneva in questione, come in ogni caso analogo, il futuro del partito. Per fortuna il PO aveva accanto ad Altamira un quadro dirigente di grande valore politico che è riuscito in questa difficile situazione a preservare il partito.

Ma non è solo dal punto della direzione collegiale e democratica che la rottura con Altamira ha avuto un aspetto positivo, a parte questioni secondarie sono due gli aspetti politici importanti su cui la maggioranza del PO si è scontrata con Altamira.

Il primo è il problema delle tipiche concezioni altamiriste di tipo catastrofiste. Senza porle teoricamente in questione da un punto di vista generale, la maggioranza del PO contrastava il concetto che in un quadro di crisi fosse impossibile avere una situazione in cui fosse la borghesia ad essere la forza dominante. La posizione della maggioranza del PO ha rappresentato, al di là di tutti i possibili limiti, la messa in questione di quello che è stato il centro politico della concezione catastrofista che Trotsky ha combattuto tutta la vita, cioè il rapporto diretto tra crisi capitalistica e sviluppo rivoluzionario.

Il secondo punto centrale è stato quello della rivendicazione centrale della “Assemblea costituente” in ogni momento come supposta parola d’ordine transitoria. Una posizione che Altamira, dopo averla criticata da decenni, quando (a zig-zag come sempre) era propria di Moreno, ha da diversi anni fatto propria e in maniera sempre più centrale. Giustamente la maggioranza del PO, senza assumere una posizione di diniego, ovunque e in qualsiasi situazione, della parola d’ordine della “Assemblea costituente”, ha ricordato che il carattere progressivo di tale parola d’ordine dipende dalla situazione politica e sociale (a volte può essere semplicemente senza alcun senso, a volte, come in Venezuela, può essere agitata da forze di destra, perché la sua realizzazione avrebbe risultati reazionari).

Se il PO saprà essere coerente nello sviluppo delle varie posizioni che hanno costretto Altamira alla rottura potrà avere un ruolo fondamentale nella rifondazione dell’Internazionale. Va segnalato infine che ad oggi un terreno importante di confronto politico con il PO e di reciproca verifica delle posizioni è quello attorno all’analisi della situazione mondiale, in particolare sul punto dirimente della natura della Cina e della Russia, un punto che investe l’orientamento dei trotskisti nell’attuale scenario mondiale.

Quanto al moribondo CRQI residuato di Politica Obrera, EEK, DIP, se non possiamo malgrado tutto considerare “centriste” le sue componenti, si tratta di forze che si allontanano progressivamente dal trotskismo conseguente, e in particolare la più importante quella argentina (forte probabilmente di un migliaio di militanti) ha raccolto militanti sulla base essenzialmente della fedeltà al “grande capo” mescolando al contempo opportunismo e settarismo.

B. Lega Internazionale dei Lavoratori (LIT)

La Lega Internazionale dei Lavoratori, meglio conosciuta con le sue iniziali in spagnolo, LIT (Liga Internacional de los Trabajadores), esiste principalmente in America latina. Come visto il suo principale dirigente è stato Nahuel Moreno, e storicamente la sua sezione dirigente è stata il Movimento verso il socialismo (MAS) di Argentina, che Moreno dirigeva. Oggi, invece, il centro della LIT si è spostato sul Partito Socialista dei Lavoratori Unificato (PSTU) del Brasile, prodotto dell’esclusione nel 1995 della importante tendenza morenista dal riformista Partito dei lavoratori (PT).

La LIT è l’erede politica della vecchia Frazione Bolscevica del SU ed è stata costituita dopo il breve periodo di unificazione formale con la corrente lambertista negli anni 1979-’81.

Abbiamo già visto le caratteristiche opportunistiche e contraddittorie all’estremo del morenismo. La base di questo caotico zigzagare è data da un’accentuata spregiudicatezza opportunistica, vera e propria ideologia del “morenismo”, che ne ha fatto una corrente camaleontica incapace di sviluppare su serie basi trotskiste il processo di costruzione di partiti rivoluzionari.

Sulla questione centrale della costruzione della Quarta Internazionale come direzione della futura rivoluzione socialista internazionale, la LIT nonostante le sue critiche all’opportunismo e liquidazionismo del SU, ha espresso posizioni confuse e contraddittorie, anch’esse potenzialmente liquidazioniste. Per esempio, la LIT ha indicato nel suo Manifesto internazionale del 1986 la prospettiva di una Internazionale di massa “trotskisteggiante”, che raggrupperebbe forze diverse, nella quali i trotskisti (intendendo con ciò le posizioni trotskiste) potrebbero essere in minoranza.

La LIT è stata marcata negli anni Ottanta e Novanta da un approccio analitico alla realtà caratterizzato da una valutazione iperottimistica della situazione dello scontro tra le classi e una concezione catastrofista della situazione del capitalismo. Ha così parlato, al culmine delle difficoltà del movimento operaio internazionale, di sviluppo di una situazione prerivoluzionaria o addirittura rivoluzionaria su scala mondiale. Così la LIT ha anche affrontato gli sviluppi nell’Est, cogliendo solo il fenomeno (in sé positivo) della caduta dello stalinismo e non quello della controrivoluzione restaurazionista del capitalismo, successo storico dell’imperialismo mondiale. Ha parlato – con termine ambiguo e sostanzialmente a-marxista nelle condizioni date – di “trionfo delle rivoluzioni democratiche”, sognando movimenti di massa rivoluzionari inesistenti e negando, per una fase, il processo di restaurazione del capitalismo.

Lo scontro con la realtà dell’insieme di queste analisi e delle prospettive che ne conseguono è stata la causa di una serie di crisi che hanno colpito congiuntamente, sconvolgendole, sia la LIT che il MAS argentino. Così come già visto, negli ultimi anni la LIT ha dato origine a diverse organizzazioni internazionali, tutte richiamantesi alla tradizione morenista.

In Argentina il fallimento della assurda ipotesi avanzata alla metà degli anni Ottanta di uno sviluppo rivoluzionario in cui il ruolo dirigente sarebbe spettato al MAS, in alleanza o meno col Partito comunista, ha portato all’esplosione di questo partito (un tempo il più forte numericamente del movimento trotskista internazionale) in ben una dozzina di organizzazioni di varia consistenza.

Alla fine degli anni ‘90 il gruppo dirigente della LIT (centrato ormai intorno al PSTU brasiliano) ha sviluppato una evoluzione positiva, iniziando una rottura col precedente approccio iperottimistico, riconoscendo il processo di restaurazione del capitalismo nell’Est e quindi la sconfitta del proletariato su questo terreno. Ha anche riaffermato, contro posizioni movimentiste e revisioniste sviluppate al suo interno dal MAS argentino (o meglio da ciò che ne restava) una difesa generale delle tradizionali posizioni leniniste e trotskiste. Il PSTU brasiliano infine ha rotto col precedente adattamento al fronte popolare, che lo aveva portato brevemente ad aderire al Frente Brasil Popular, prima forma di alleanza interclassista realizzata dal PT con piccoli settori borghesi “progressisti”.

L’insieme di questo sviluppo ha portato la LIT alla rottura con quel che rimaneva del MAS argentino. Ciò quando quest’ultimo, anche sotto l’influenza dell’organizzazione italiana Socialismo Rivoluzionario (SR) (anni fa sezione della LIT), ha posto in questione le fondamenta stesse della teoria leninista e trotskista e quindi del marxismo rivoluzionario, con lo sviluppo di posizioni movimentiste, “libertarie” (a parole: SR italiana ha un regime interno totalmente repressivo), revisioniste della tradizionale analisi trotskista sulla burocrazia stalinista e democraticiste, con la rivendicazione e lo sviluppo delle più negative analisi della LIT nel passato sui grandi avvenimenti mondiali dell’ultimo periodo storico.

Dopo di ciò lo sviluppo positivo della LIT si è purtroppo interrotto e anzi è tornata indietro verso il morenismo “classico”. È ritornata quindi a valutare come progressista ogni movimento di massa, indipendentemente dal suo carattere. Così è stato in Ucraina col movimento di piazza Maidan, in Venezuela con quello contro Maduro, in Brasile stesso con quello contro Lula e Dilma. Questa ultima posizione ha del resto portato ad una scissione (purtroppo a carattere chiaramente centrista) del PSTU, che vi ha perso ben 700 dei suoi 1700 militanti circa.

Del resto, la LIT, come era prima rispetto al MAS argentino di Moreno, resta oggi più una estensione politica del PSTU, che una vera organizzazione internazionale, oltre naturalmente a considerarsi, al di là delle frasi, come il nucleo unico della Quarta Internazionale. Si tratta quindi della ennesima “internazionale frazione” che non si pone realmente il compito della ricostruzione della Internazionale.

C. Unità Internazionale dei Lavoratori (UIT)

L’Unità Internazionale dei Lavoratori, anche in questo caso nota essenzialmente con la sua sigla in spagnolo (UIT), è nata nel 1996 dalla fusione tra la più importante delle organizzazioni originate dalla crisi del MAS argentino, cioè il Movimento Socialista dei Lavoratori (MST), le poche organizzazioni ad esso collegate (essenzialmente in America latina), e la piccola corrente – di lontana origine lambertista – centrata intorno al Partito Operaio Rivoluzionario (POR) di Spagna, diretto da Anibal Ramos.

La scissione del MST nel 1992 è stata la base di partenza fondamentale dell’esplosione del MAS. Il MST portò con sé, in particolare, la maggioranza dei quadri sindacali del partito e il suo rappresentante nel parlamento nazionale (Luis Zamora). Di fronte al MAS in progressiva decomposizione il MST ha rappresentato una organizzazione relativamente stabile che ha cercato di riprodurre la vecchia tradizionale politica morenista, soprattutto nei suoi aspetti opportunisti. In particolare, il MST ha ripreso e mantenuto un blocco strategico col Partito Comunista argentino sotto il nome di Sinistra Unita (Izquierda Unida, IU), con una politica ambigua nei confronti delle forze del centrosinistra argentino.

Infatti, furono questi i motivi che portarono il MST e i suoi sostenitori internazionali (forti in particolare in Brasile, dove costituivano la minoranza della corrente morenista nel PT, contraria, all’epoca, alla rottura col PT che diede origine al PSTU) a rompere da destra con la LIT nel 1996 e a costituire la UIT. Nel far ciò rivendicavano puramente le analisi catastrofiste del precedente periodo e segnalavano come grande vittoria il crollo del regime politico-sociale dei regimi dei paesi dell’est Europa a partire dall’URSS, confondendo i due aspetti (appunto politico e sociale) degli avvenimenti e parlando di “grandi rivoluzioni democratiche realizzate dal proletariato”.

Agli inizi degli anni 2000 il MST si divise in due. La parte in minoranza (una minoranza assai ampia) formò una nuova organizzazione con il nome di Izquierda Socialista (IS). Questa metteva in questione le posizioni più moderate del MST, in particolare rispetto al movimento “piquetero” e all’alleanza strategica con il PC argentino. Minoranza in Argentina, IS si è però trovata ad avere il sostegno della maggioranza dell’Internazionale, così la UIT è rimasta centrata intorno ad essa e alla corrente brasiliana.

La UIT, analogamente alla LIT, non ha saputo distinguere tra movimenti progressisti e reazionari, appoggiando anche lei questi ultimi, dall’Ucraina, al Venezuela e ad altri paesi.

Visto il mancato sviluppo positivo delle posizioni della LIT, la logica vorrebbe che ci fosse una riunificazione tra le due organizzazioni. Quello che fa da principale ostacolo è l’opzione diversa delle due organizzazioni in Brasile. IL PSTU ha una concezione più “ortodossa”, fino al settarismo, del partito d’avanguardia che sente già realizzato con sé stesso e difende il suo controllo su una piccola (in particolare per il Brasile) confederazione sindacale d’avanguardia (Conlutas, circa 200.000 membri), tanto più significativa in quanto il PSTU ha dei risultati elettorali modestissimi (a volte sotto lo 0,1%), mentre la sezione della UIT è inserita profondamente all’interno del Partito Socialismo e Libertà (PSOL), organizzazione centrista con presenza parlamentare, nato dal confluire delle diverse tendenze uscite o escluse dal PT a seguito della esperienza governativa, totalmente subordinata alla borghesia nazionale e internazionale, del Presidente Lula.

Con la sua politica complessiva che mischia analisi iperottimistiche e catastrofistiche – adialettiche – della situazione reale e il suo opportunismo concreto in molte situazioni, la UIT è continuatrice politica del morenismo e il giudizio critico storico su tale corrente del movimento trotskista non può non toccare anche questa organizzazione. Tuttavia, il fatto che abbia affrontato nella sua vita una rottura col chiaramente centrista MST ha inciso sulla sua politica. Se da un lato ha appoggiato in puro stile morenista movimenti reazionari in diversi paesi, dall’altro sul terreno argentino ha cercato negli ultimi anni di restare ancorata, con IS, a sinistra, in particolare con la sua partecipazione al FIT e anche nel PSOL non fa parte della maggioranza più moderata. Insomma, mancandogli anche un re del camaleontismo più zigzagante e opportunista come Moreno, non presenta più, appunto a differenza del MST argentino, posizioni di blocco politico con nazionalisti, riformisti, stalinisti e anche di tipo “fronte popolare”.

Una cosa è però sicura. La UIT è una organizzazione dogmaticamente morenista ideologicamente (cosa di cui la accusano persino le altre correnti provenienti dal morenismo) e non ha nella realtà ad oggi alcuna ipotesi di raggruppamento che non sia su tali basi, aiutata anche dal mantenere la concezione antileninista del FUR. Potrà avere un ruolo positivo solo se sarà coinvolta, come componente non egemone in un raggruppamento più largo, di cui certo non potrà essere all’origine.

D. Frazione Trotskista-Quarta Internazionale (FT-QI)

La più a sinistra delle organizzazioni derivanti dalla crisi del vecchio MAS argentino è stato il Partito dei Lavoratori Socialisti (PTS), che fu la prima rottura importante di tale partito. Esso nacque dalla rottura nel 1988 di una frazione di sinistra del partito, che tra l’altro comprendeva la maggioranza del gruppo dirigente largo della gioventù. Tale frazione accusava (non a torto) la maggioranza del partito di scarso internazionalismo e nazional-trotskismo, perché questa riteneva che l’Argentina sarebbe stata inevitabilmente il centro della situazione rivoluzionaria nel mondo e che, conseguentemente, tutti gli sforzi dovevano centrarsi sullo sviluppo del MAS e non quello della LIT (in cui però non avevano appoggi).

Inizialmente il PTS si presentava come morenista ortodosso e anzi accusa la direzione del MAS di aver abbandonato gli insegnamenti del “maestro”. Progressivamente però il PTS rivide la storia della sua corrente e abbandonò ogni riferimento al morenismo, con una evoluzione reale sul piano delle posizioni politiche. Con un’attenzione allo studio delle posizioni storiche del trotskismo diverse volte il PTS espresse (ad esempio rispetto al catastrofismo o al fronte unico) posizioni più conseguenti di quelle dell’empirico Altamira. Inoltre, sempre sulla base del riferimento al metodo trotskista cominciò a sviluppare interventi in vari paesi esteri partendo da piccolissimi nuclei propagandistici e con interventi entristi, che effettivamente gli hanno permesso di costruire, quasi dal nulla, organizzazioni importanti in Brasile, Cile e Francia (mentre invece Altamira, anche per banali questioni caratteriali non concepiva nulla del genere, interessandogli solo gruppi già organizzati di una qualche consistenza, posizione evidente assurda per un trotskista).

Tuttavia, malgrado questo, nei fatti il PTS, pur essendo arrivato in generale, su un terreno conseguentemente trotskista, aveva più limiti e difetti del PO, anche all’epoca di Altamira.

In primo luogo, come visto, il morenismo non costituiva solo una corrente politicamente revisionista ma anche camaleontica e manovriera. Se il PTS non può essere accusato di camaleontismo politico certamente può e deve essere accusato di manovrismo. Anzi, benché anche le altre organizzazioni di origini moreniste non siano esenti da questo difetto, il PTS è di gran lunga il peggiore di esse su questo terreno. Solo per fare alcuni esempi. Mentre un dirigente internazionale del PTS e della FT dichiarava (2016) ai nostri compagni del PCL italiano che essi non erano interessati a divederlo, portando via un piccolo gruppo di sostenitori, di cui conoscevano appena l’esistenza, egli stava organizzando il processo di scissione di questo gruppo dal PCL. Nel 2021 la situazione nel NPA francese rendeva evidente che al prossimo congresso (2022) il blocco delle correnti di sinistra avrebbe preso la maggioranza assoluta contro gli elementi pablisti rimasti (che probabilmente avrebbero fatto scissione) e modificato la natura del partito. Proprio in questo momento la importante corrente della FT ha rotto col partito dichiarando pubblicamente di essere stata espulsa dal NPA. Il punto è questa espulsione era una totale invenzione, nonostante i tentativi dei militanti della FT non uno solo dei loro compagni era stato espulso e nemmeno sospeso. Ma nonostante le smentite pubbliche del NPA hanno continuato ad affermare il falso totale, per apparire vittime. La rottura era stata decisa dal PTS-FT proprio per evitare di prendere in mano il partito con altre correnti conseguentemente trotskiste o vicine alle sue concezioni, perché poi sarebbe stato difficile rompere con esse (e inoltre pensava di riuscire a presentare alle elezioni presidenziali un proprio quadro dirigente, operaio, giovane e di origine magrebina, per sfruttarne la figura allo scopo di lanciare la propria organizzazione). Perché il PTS/-FT, mentre dichiara e argomenta di volere realizzare un processo di raggruppamento marxista rivoluzionario sia in Argentina che internazionalmente, è totalmente settario e autocentrato, e pensa di essere il solo nucleo della Quarta Internazionale da rifondare. Inoltre, ripropone, almeno sul terreno politico-organizzativo, quel nazional-trotskismo contro cui il PTS era nato. Non a caso parliamo di PTS-FT. Perché in effetti la FT non è che la pura proiezione del partito argentino. La FT non è basata sul centralismo democratico. Essa riunisce i suoi “congressi” ogni anno. In realtà non si tratta di veri congressi, ma di riunioni in cui le varie sezioni vengono a farsi “istruire” dal partito-madre.

Aggiungiamo ancora che se da un punto di vista della teoria trotskista classica, come detto, il PTS- FT ha saputo riscoprire molto del trotskismo conseguente, rompendo così col revisionismo centrista del morenismo sul piano politico, ponendosi nonostante tutti i limiti e difetti sul terreno del trotskismo conseguente, sul piano dello sviluppo teorico successivo il PTS ha mostrato forti limiti nel sapersi servire del metodo e del contenuto trotskista e, più in generale, marxista rivoluzionario, di fronte ai nuovi fenomeni. Per esempio, pur avendo colto compiutamente le caratteristiche della prima fase di capitalismo restaurato in Cina, si è poi fermata, non riuscendo a coglierne gli sviluppi in senso imperialista, negando questo fatto con argomenti insussistenti.

Negli ultimi anni poi il gruppo dirigente del PTS-FT (a cominciare dal suo principale dirigente, “il leader occulto” come nella tradizione morenista e di altre organizzazioni come Lutte Ouvriére, Albamonte) si è “innamorato” del dirigente comunista alle origini del Partito Comunista d’Italia, Antonio Gramsci. Come quasi tutti si è rivolto non al Gramsci dirigente politico comunista e rivoluzionario tra il 1917 e i 1926, ma i suoi scritti del periodo di prigionia nel carcere fascista, raccolti nei “Quaderni dal Carcere”, scritti tra il 1929 e il 1935, in una situazione in cui per evidenti ragioni Gramsci non poteva che scrivere in maniera criptica. Così il termine “moderno principe” nasconde quello di “partito marxista rivoluzionaria”, ma è stato sconvolto da migliaia di “intellettuali di sinistra” di tutti i tipi e le posizioni politiche; il termine “egemonia”, nasconde i termini di “direzione del proletariato” nella rivoluzione o di “dittatura del proletariato” con la rivoluzione, ma è stato visto come un grande nuovo concetto di sviluppo del marxismo. Il PTS si è aggiunto a questo gioco a stravolgere il pensiero di Antonio Gramsci. In particolare, elucubrando intorno al concetto di egemonia. Così ha sviluppato un confuso spostamento teorico a destra. Questo si espresso ultimamente nella “scoperta”, come e più di Altamira, della “Assemblea costituente” come obbiettivo “transitorio” ovunque nel mondo (per es. in Francia e in Spagna) dirigendosi verso un democraticismo alieno al leninismo-trotskismo conseguente.

E. Corrente Socialismo o Barbarie (Nuevo Movimento al Socialismo – Argentina)

Si tratta di una corrente internazionale di dimensioni modeste, incentrata sull’organizzazione argentina (Nuevo MAS) e con un ruolo minore sulla sezione brasiliana, oggi collocata come tendenza di opposizione di sinistra all’interno del PSOL (scissione di sinistra del PT).

È un’organizzazione che al di là del nome che può provocare equivoci non è la continuità diretta col vecchio MAS morenista, anche se diversi suoi militanti originari vengono da quel partito e soprattutto dal PTS. Costituitosi all’inizio del 2000, a partire dal 2004 ha maturato e dichiarato pubblicamente la propria rottura con le posizioni centrali di Moreno. Ciò con particolare riferimento alla revisione da parte di quest’ultimo della teoria della rivoluzione permanente: trasformata da programma d’azione dei marxisti rivoluzionari per la conquista proletaria del potere in un processo oggettivo (“rivoluzione operaia e socialista incosciente”), e/o in uno schema generale di rivoluzione a tappe che assolutizza e stravolge l’esperienza della rivoluzione russa (la “teoria del febbraio e dell’ottobre”) in funzione di una politica minimalista e subalterna.

Il Nuevo MAS rifiuta le analisi catastrofiste economico-politiche, riconosce la natura imperialista della Cina e della Russia, assume una posizione disfattista coerentemente leninista rispetto a tutti i poli imperialisti, ha respinto ogni sostegno a movimenti di massa di natura reazionaria come in Venezuela.

Pur tuttavia, questa tendenza pare avere una posizione autocentrata e settaria rispetto alla questione della rifondazione dell’Internazionale rivoluzionaria, rifiutando ad oggi un confronto con altre organizzazioni trotskiste, anche con posizioni apparentemente vicine, come la nostra.

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Esistono infine nel mondo piccoli gruppi trotskisti, a volte collegati internazionalmente con qualche nucleo o individui di altri paesi in mini-frazioni internazionali, che si pongono sul terreno del programma trotskista e, in genere, della tradizione antipablista.

Quello che in generale li caratterizza è un accentuato settarismo, il che spiega, almeno nella maggioranza dei casi, il loro isolamento rispetto alle principali forze che si richiamano al trotskismo. Alcuni di essi raggruppano quadri di valore, che potrebbero essere importanti per costruire sezioni della Internazionale rivoluzionaria rifondata in paesi dove non esistono altre forze organizzate del movimento trotskista internazionale, o per rafforzarne significativamente le scarse presenze.

Non si può in questo quadro fare un elenco esaustivo e specifico di queste forze: in futuro, o quando le condizioni dovessero permetterlo/consigliarlo, è auspicabile un confronto con ciascuna di esse per verificare la possibilità di coinvolgerle in tutto o in parte in un processo di raggruppamento trotskista.

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La Quarta Internazionale ha subito un processo di degenerazione politica e di frammentazione organizzativa. Come forza politica rivoluzionaria organizzata e unita, come nucleo della direzione internazionale del proletariato, come organizzazione mondiale del marxismo rivoluzionario autentico, essa ha ovviamente cessato di esistere. Questo fatto pone la lotta per la direzione internazionale del proletariato in una forma estremamente elementare quale il compito primario per i rivoluzionari proletari oggi.

Il primo problema di strategia internazionale di cui i trotskisti conseguenti devono farsi carico è di come procedere effettivamente in questa lotta elementare per la direzione proletaria internazionale.

Nonostante la sua acutezza, e le degenerazioni politiche dei suoi vari frammenti la crisi storica della Quarta Internazionale differisce qualitativamente dalle crisi storiche della Seconda e della Terza Internazionale.

Nell’agosto del 1914 il tradimento dell’internazionalismo proletario da parte di quasi tutti i partiti socialdemocratici nazionali allo scoppio della Prima guerra mondiale segnò la conversione della socialdemocrazia in agente controrivoluzionario degli imperialisti all’interno del movimento operaio, la cui funzione principale era di impedire l’unità rivoluzionaria dei proletari di tutti i paesi e la presa del potere rivoluzionaria della classe operaia di ogni paese. Il programma socialdemocratico di riforme, effettive o illusorie, divenne principalmente un mezzo per inibire lo sviluppo militante della lotta di classe proletaria e per legare i lavoratori di ciascuna nazione alla “propria” borghesia ed allo sviluppo economico del “proprio” capitalismo nazionale. Il ruolo essenzialmente controrivoluzionario delle socialdemocrazie fu confermato dalle loro risposte alla Rivoluzione russa del 1917 e alle situazioni rivoluzionarie che si svilupparono in tutto il mondo in conseguenza della Prima guerra mondiale.

Nel 1933 la sezione più importante della Terza Internazionale al di fuori dell’Unione sovietica, il Partito Comunista Tedesco, grazie alla grottesca linea del “terzo periodo” del Comintern stalinista, si dimostrò completamente incapace di sviluppare una seria lotta contro la presa del potere da parte di Hitler. Invece di trarre apertamente le lezioni di questo catastrofico fallimento, l’intera Terza Internazionale asserì che non era stato commesso alcun serio errore politico, mentre si spostava, inizialmente in maniera surrettizia, dall’ultimatismo burocratico e dall’avventurismo della fine degli anni Venti ed inizio dei Trenta, alla politica ottusamente opportunista del fronte popolare negli anni 1934-’36. Il frontismo popolare e il collaborazionismo di classe globale divennero la strategia fondamentale della Terza Internazionale alla quale l’effettiva organizzazione della Terza Internazionale stessa fu sacrificata nel 1943.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale i partiti stalinisti tradirono le classi operaie in tutta Europa ed Asia, impedendo o facendo abortire le lotte rivoluzionarie. L’espansione burocratica della proprietà collettivizzata nell’Europa dell’Est e, successivamente, nell’Asia Orientale e a Cuba, non alterò la natura sostanziale dello stalinismo quale forza controrivoluzionaria internazionale.

La Quarta Internazionale non ha attraversato una tale trasformazione decisiva. La sua degenerazione e frammentazione hanno condotto allo sviluppo di un quadro di organizzazioni le quali, con poche eccezioni – essenzialmente poche sette particolarmente corrotte ed il Lanka Sama Samaja Party (Sri Lanka) – non possono essere considerate come organizzazioni opportuniste e controrivoluzionarie consolidate all’interno del movimento operaio. Queste organizzazioni internazionali e nazionali differiscono qualitativamente dalle formazioni essenzialmente controrivoluzionarie socialdemocratiche e staliniste.

La grande maggioranza delle forze che sono degenerate dal trotskismo mantengono politiche che sono in generale revisioniste e centriste – oppure, in pochi casi, revisioniste ultrasinistre – senza rompere apertamente e completamente con il marxismo rivoluzionario.

I pablisti hanno distorto il programma trotskista e lo hanno adattato a varie correnti non rivoluzionarie piccolo-borghesi e burocratiche ed hanno subordinato o negato il ruolo dei partiti trotskisti come espressione necessaria dell’indipendenza politica della classe operaia a favore del loro adattamento a queste forze non proletarie e non rivoluzionarie. Le organizzazioni del Comitato Internazionale del 1963-’71 tesero a combinare l’adattamentismo nazional-trotskista con forme estreme di settarismo nazional-trotskista (Lambert più chiaramente si caratterizzò per la capitolazione alla socialdemocrazia, Healy per la caduta nel settarismo folle).

Ma, da entrambe le parti della scissione del 1953, e nei vari spezzoni delle rotture successive (o anteriori, come nel caso di LO di Francia) sopravvivono organizzazioni e tendenze le cui revisioni opportuniste e settarie del trotskismo non hanno ancora prodotto una completa e decisiva rottura con le basi programmatiche della politica proletaria rivoluzionaria. Queste organizzazioni continuano a rapportarsi, in vari modi, al Programma di transizione del 1938. Programmaticamente molte di esse avanzano ancora, anche se in alcuni casi con molte contraddizioni, la prospettiva della dittatura proletaria basata sulla democrazia dei soviet, ancora rifiutano formalmente il frontepopulismo, ancora affermano il loro impegno verso l’internazionalismo proletario anche quando revisionano e distorcono questi principi e li adattano a correnti contrarie a essi. Esse sono essenzialmente organizzazioni centriste, ma organizzazioni centriste di tipo speciale.

Continuando a proclamare la propria adesione, anche in un modo distorto, al programma rivoluzionario del trotskismo, queste organizzazioni continuano ad attirare militanti – in particolare lavoratori d’avanguardia – che rompono in direzione della politica rivoluzionaria con la socialdemocrazia, lo stalinismo e le forme convenzionali di centrismo.

Il ruolo effettivo e potenziale di queste organizzazioni trotskiste centriste come poli di attrazione apparentemente marxisti rivoluzionari per i lavoratori avanzati, internazionalmente e nella maggioranza dei singoli paesi, crea una situazione altamente contraddittoria, complessa e storicamente senza precedenti con implicazioni fondamentali per le prospettive strategiche dei trotskisti conseguenti che lottano per la rifondazione del Partito Mondiale della Rivoluzione Socialista, che fu la Quarta Internazionale delle origini.

Non solo queste stesse organizzazioni oscillano tra politiche rivoluzionarie ed opportuniste. Continuando ad affermare di basarsi sul Programma di transizione esse mantengono la capacità di esporre posizioni rivoluzionarie e, anche se inconsciamente, formare quadri su posizioni trotskiste effettive. La loro costante oscillazione tra politiche trotskiste e revisioniste tende a generare non solo frequenti scissioni, ma anche frequenti scontri di tendenze e frazioni interne nei quali, più e più volte, alcuni militanti giungono a difendere almeno alcune posizioni trotskiste contro le posizioni revisioniste.

Tutto ciò significa che anche se, in complesso, le direzioni di queste organizzazioni sono ferme nelle loro posizioni revisioniste e di adattamento, queste stesse organizzazioni, viste come un tutto su scala internazionale, tendono: ad avere al proprio interno militanti che tendono verso posizioni trotskiste conseguenti; a essere soggette a un processo costante di lotta limitata per posizioni trotskiste e una tendenza costante ad attrarre a sé lavoratori avanzati alla ricerca, in realtà, della alternativa rivoluzionaria del trotskismo. Per i trotskisti conseguenti volgere le spalle ai lavoratori avanzati che sono stati attratti verso posizioni trotskiste da queste organizzazioni e ai militanti che al loro interno lottano per posizioni trotskiste, sarebbe un atto di settarismo di proporzioni storicamente tragiche.

Tutto ciò e vero anche e soprattutto perché dalla crisi del 1951/53 non c’è mai stato una seria, consolidata e organizzativamente significativa Frazione Internazionale in grado di apparire su scala mondiale come il riferimento conseguente e conseguente per tutti i trotskisti. Il Comitato Internazionale costituito in quegli anni, a cui, in ogni caso, va storicamente, il nostro sostegno critico, come abbiamo visto non riuscì ad esserlo, Quanto all’OTI e alle organizzazioni che lo hanno proceduto è stato troppo debole organizzativa per esserlo.

Quanto ai più importanti MRQI e CRQI anche essi erano sul piano mondiale troppo deboli; avrebbero potuto svilupparsi in tal senso, ma come abbiamo visto, le contraddizioni politiche e organizzative non glielo hanno permesso

Il compito dei trotskisti conseguenti è sviluppare una tendenza internazionale orientata strategicamente verso la rifondazione della Internazionale attraverso il collegamento, il sostegno e l’organizzazione di ogni lotta per il trotskismo, ogni sviluppo autenticamente trotskista in tutto il mondo, sia indipendente che all’interno delle organizzazioni trotskiste centriste.

Con le proprie organizzazioni indipendenti i trotskisti conseguenti devono sviluppare un lavoro esemplare nella lotta di classe in modo da renderli autentici poli di attrazione per i lavoratori d’avanguardia anche all’interno dei raggruppamenti trotskisti centristi.

Nelle organizzazioni trotskiste centriste le frazioni trotskiste devono lottare per la rigenerazione politica dei settori più ampi possibile di queste organizzazioni, basandosi sia sulla battaglia politica e teorica che sulle lotte che sorgono dai problemi dell’intervento rivoluzionario nello sviluppo della lotta di classe proletaria.

Nel senso che in molte organizzazioni derivate dalla crisi della Quarta Internazionale e che affermano di basarsi sul Programma di transizione, una lotta per l’Internazionale ha avuto, sta avendo e deve aver luogo nel prossimo periodo – in questo senso dobbiamo riconoscere e definire i confini di un movimento internazionale in qualche modo amorfo, nel quale i trotskisti conseguenti devono combattere per sviluppare e riunificare tutte le forze autenticamente trotskiste in una Internazionale rifondata.

Con questa prospettiva non vogliamo intendere che i trotskisti conseguenti identifichino o confondano in qualsivoglia maniera il loro programma con il programma concreto e la politica dei revisionisti, sia pablisti che anti-pablisti. Nemmeno vogliamo intendere che qualsiasi forma di centrismo o revisionismo possa in qualche modo in sé e per sé essere considerata come una tendenza marxista rivoluzionaria conseguente. Nemmeno vogliamo intendere che queste organizzazioni trotskiste centriste derivate dalla crisi della Quarta Internazionale dovrebbero essere l’unico terreno di lotta per la rifondazione della Internazionale.

Una frazione internazionale trotskista potrebbe decidere o di entrare al completo in una organizzazione internazionale del movimento trotskista, o di lavorare principalmente dentro un certo numero di tali organizzazioni, o di funzionare principalmente come gruppo di organizzazioni indipendenti, e così via – dipendendo tutto dalle condizioni reali che meglio favoriscono la battaglia per rifondare l’Internazionale rivoluzionaria.

Cosa il riconoscimento della natura speciale di questi raggruppamenti centristi significhi consiste nel fatto che i trotskisti conseguenti devono mantenere un orientamento verso di essi. Inoltre, la loro natura speciale determina un certo numero di implicazioni pratiche specifiche.

Nelle organizzazioni trotskiste centriste dobbiamo promuovere la formazione di frazioni trotskiste conseguenti, unite tra loro su base internazionale – indipendentemente dalle varie organizzazioni nazionali o internazionali nelle quali esse possano rispettivamente intervenire – e unite con le organizzazioni trotskiste conseguenti indipendenti, formando insieme entrambe le componenti una frazione trotskista internazionale organizzata su base centralista democratica sia a livello internazionale, sia nelle proprie sezioni nazionali.

Tali considerazioni tattiche non implicano che esista un corso di azione, chiaramente stabilito e garantito, che necessariamente conduca alla rifondazione della Internazionale. Né tanto meno che sia probabile riuscire nei fatti a rigenerare una o più delle attuali formazioni “trotskiste revisioniste”. Ma che, solo con la strategia duttile e dialettica di una tale lotta per la rigenerazione politica, che combini il lavoro indipendente nella lotta di classe del proletariato con il lavoro di frazione nelle organizzazioni trotskiste revisioniste, sarà possibile portare a termine il processo effettivo e complesso, comunque si possa sviluppare concretamente, che – attraverso scissioni, fusioni, rigenerazioni parziali e sviluppo del lavoro indipendente – permette alle forze trotskiste conseguenti di guadagnare la maggioranza politica dei militanti che si orientano al trotskismo in tutto il mondo e rifondare l’Internazionale come Partito Mondiale della Rivoluzione Socialista

Certamente si presenterà una intera serie di alternative pratiche per lo sviluppo dell’attività dei trotskisti conseguenti. I trotskisti devono essere preparati ad adattare le proprie scelte tattiche allo sviluppo concreto della lotta per la rifondazione della Internazionale e al concreto sviluppo della lotta internazionale della classe operaia – con l’unica condizione di mantenere l’indipendenza politica assoluta delle forze trotskiste conseguenti.

Oggi l’OTI si impegna pienamente nel processo per la rifondazione dell’Internazionale intrapreso a partire dalla nascita della nostra corrente negli anni ‘70 (in Italia con il Gruppo Bolscevico Leninista- GBL, negli Stati Uniti con la Revolutionary Workers League, in Gran Bretagna e Danimarca con i compagni nella o legati alla Lega Socialista Operaia-WSL). Ne vede e ne ha visto (in particolare col fallimento del CRQI) tutte le difficoltà, ma anche le opportunità. Vuole portarlo avanti cercando di coinvolgervi, su una base di principio, il più ampio arco di forze del movimento trotskista e anche settori provenienti da altre forze dell’avanguardia proletaria che ricercano una risposta marxista rivoluzionaria alle sconfitte del passato e una prospettiva per il futuro.

Un processo su cui in ogni caso noi siamo già pienamente impegnati. Così abbiamo proposto alla Tendenza per una Internazionale Rivoluzionaria di avviare subito un processo di unificazione di cui, secondo noi, esistono le basi politiche; purtroppo la TIR ha rifiutato la nostra proposta a favore di una semplice dichiarazione di rapporti fraterni, dimostrando così, al di là della correttezza delle posizioni generali, i limiti di comprensione della necessità dell’unificazione programmatica dei trotskisti conseguenti e della necessità di un processo rapido su questo terreno. Accettando provvisoriamente la decisione della TIR di rapporti fraterni noi continueremo a batterci perché si convinca della necessità della unificazione delle nostre forze.

E poi abbiamo ripreso il dialogo con il Partito Obrero argentino. Questa grande organizzazione (rispetto alla forza delle organizzazioni trotskiste nel mondo), epurata dagli elementi negativi della tradizione altamirista e fermi su quelli positivi (ancora oggi, come detto, non possiamo considerare Altamira e la sua frazione come dei revisionisti centristi), con una direzione forte e collegiale può essere centrale nello sviluppo del processo di rifondazione dell’Internazionale. Faremo di tutto, a partire dai rapporti fraterni recentemente ristabiliti, per chiarire con loro prospettive, posizioni politiche e anche le divergenze esistenti, in primo luogo, come detto, sullo sviluppo imperialista di Cina e Russia.

E ancora potranno esserci organizzazioni minori (con alcune della quali siamo in contatto) che potrebbero partecipare con noi a questo processo.

È in questo senso che l’OTI ritiene importante, pur nella modestia delle sue forze, il suo attuale ruolo che – come sempre – è quello di un’organizzazione che non si considera né il nucleo della futura Internazionale rifondata, né la frazione trotskista conseguente internazionale, ma una struttura transitoria di raggruppamento di militanti trotskisti conseguenti, in lotta per sviluppare, fuori da ogni opportunismo e settarismo, la battaglia per l’Internazionale.

Lo sviluppo dell’OTI è oggi importante a questo scopo, ferma restando la nostra volontà di scioglierci non solo in una Internazionale rifondata, ma anche ove il processo verso la rifondazione porti a un più ampio raggruppamento su basi politicamente ed organizzativamente consolidate.

In questo quadro va riconosciuto che dal momento della fondazione dell’OTI nel 1992, nonostante che il suo sviluppo abbia riguardato solo l’Italia, con la nascita del PCL, sul piano internazionale si sono sviluppati fenomeni che hanno allargato lo spazio del trotskismo, se non teoricamente ortodosso, certo conseguente nel suo intervento nella lotta di classe.

In primo luogo, il PO argentino (di gran lunga la migliore organizzazione politica marxista rivoluzionaria dell’America Latina) rompeva finalmente nel 1993 con il centrista settario POR-Masas boliviano e con la sua rivendicazione della strategia del Fronte Unico Antimperialista, in qualsiasi paese oppresso, indipendentemente dalla composizione di classe di ogni società nazionale.

Poi il PTS, nato come abbiamo visto rivendicando l’ortodossia morenista, alla vigilia del 2000 arrivava a superarla di nome e di fatto. Cosa che accadde nel 2004 anche per il nuovo MAS.

Nei primi anni duemila un fenomeno di parziale allontanamento di fatto dal peggio della tradizione morenista avviene prima per la LIT e il suo partito cardine, il PSTU brasiliano e successivamente per la UIT con l’argentina Izquierda Socialista dopo la rottura con il centrista MST.

Si tratta di correnti internazionali, modeste fuori di Argentina e Brasile, ma presenti in diversi paesi de mondo. Nell’insieme e insieme ad altre organizzazioni minori o nazionali (come la TIR nell’ex Segretariato Unificato o il POR russo, ad un livello teorico più elevato) rappresentano un area di circa 10.000 militanti che se tutti unificati sulla base del centralismo democratico potrebbero già riproclamare il Partito Mondiale della Rivoluzione Socialista, sia pure sia pure su basi organizzativamente molto modeste, ad eccezione dell’Argentina dove potrebbero costituire già un partito in grado di porsi la prospettiva di conquista della maggioranza del proletariato.

Tuttavia, sarebbe errato pensare di limitarsi alla battaglia politica per l’unificazione delle oggi più significative di un tempo forze trotskiste conseguenti. Limiti politici, teorici, settarismi e autocentratura di gruppi dirigenti rendono difficile il successo di questa prospettiva in termini pieni.

Per questo si tratta di inserirla nella strategia complessiva di questo testo, anche se certamente come aspetto centrale e potenzialmente prioritario.