La corsa alle armi degli imperialismi in Europa e la piega della guerra.
La crisi del fronte ucraino.
Il posizionamento dei marxisti rivoluzionari
Rullano i tamburi di guerra, ma anche letture improvvisate. È bene attenersi al principio di realtà. Il metodo del marxismo.
La corsa alle armi di tutti i poli imperialisti. anche nell’Unione europea
La corsa agli armamenti da parte di tutte le potenze imperialiste, vecchie e nuove, è in pieno svolgimento ed è di ampia portata. Se l’imperialismo russo si è strutturato come economia di guerra, se l’imperialismo cinese incrementa in misura esponenziale i propri investimenti militari, altrettanto fanno gli imperialismi NATO. Inclusi gli imperialismi europei.
Nel 2021 gli stati europei spendevano collettivamente 184 miliardi annui per la Difesa, nel 2024 arriveranno a 350 miliardi. Un aumento del 90% in tre anni. Sommando i paesi della UE alla Gran Bretagna, la loro spesa annua complessiva in investimenti militari è quattro volte superiore alla spesa militare della Russia, e supera di 50 miliardi la spesa militare della Cina.
La guerra in Ucraina ha sicuramente costituito un fattore dirompente in questa espansione degli investimenti militari in Europa. Al tempo stesso, tale espansione è enormemente superiore per dimensioni e tasso di crescita agli aiuti militari all’Ucraina (nella realtà sempre più centellinati).
Gli imperialismi NATO si armano non “per l’Ucraina” ma in previsione di possibili grandi guerre del futuro, in Europa e sul Pacifico, in contrapposizione alla Cina e al polo russo-cinese. La corsa alle armi è in questo senso, in una prospettiva storica, la corsa verso la guerra: lungo la rotta di collisione tra le potenze vecchie e nuove per la spartizione del mondo. La contrapposizione alla guerra è allora innanzitutto la contrapposizione all’imperialismo, a tutti gli imperialismi, a tutte le loro guerre d’invasione. Il che implica la difesa di tutti i popoli e le nazioni invase dagli imperialismi, indipendentemente dai loro governi e direzioni.
Centrale da ogni versante è la prospettiva del rovesciamento rivoluzionario dell’imperialismo stesso: l’unica vera soluzione di pace, durevole e giusta, su scala globale. Se vuoi la pace prepara la guerra, gridano in coro le classi dirigenti imperialiste, a tutte le latitudini del mondo, oggi anche in Europa. Se vuoi la pace prepara la rivoluzione, diceva Karl Liebknecht un secolo fa. È la nostra impostazione generale, classista e internazionalista, contrapposta ad ogni borghesia, estranea ad ogni illusione riformista e pacifista.
Questo quadro generale di riferimento non rimuove l’esigenza di una lettura specifica di ogni dinamica di guerra, nella sua concretezza e nelle sue contraddizioni. Così è per la guerra in Ucraina. Abbiamo prodotto in questi due anni come PCL e come Opposizione Trotskista Internazionale (OTI) molto materiale sulla guerra. Facciamo ora il punto sulla piega degli avvenimenti in corso. Un aggiornamento dell’analisi, la conferma di un metodo e posizionamento.
La guerra in Ucraina volge a favore della Russia
Il fronte di guerra in Ucraina sembra volgere a favore della Russia. Le famose sanzioni degli imperialismi NATO, che nelle loro previsioni avrebbero dovuto piegarla, non hanno sortito effetto, se non quello di consolidare il sostegno popolare grande-russo attorno a Putin.
Putin si è rafforzato sul fronte interno. Ha capitalizzato con successo il fallimento della rivolta di Prigozhin, sino alla sua eliminazione. Ha decapitato l’opposizione borghese liberale di Navalny. Ha conosciuto un obiettivo successo elettorale, al di là della natura e dei metodi del regime. Sta sfruttando l’attentato terroristico dell’ISIS per compattare la popolazione nel sostegno alla guerra.
Militarmente dispone di una forza molto superiore all’Ucraina in fatto di uomini, missili, arei, munizioni di artiglieria. Sfrutta il contesto politico internazionale: la guerra in Palestina che distoglie attenzioni e fondi degli USA dal fronte ucraino, l’imminenza delle elezioni americane, la debolezza di Biden, il rafforzamento di Trump. Ed anche la crescente avversione dell’opinione pubblica europea verso gli aiuti militari all’Ucraina, e a maggior ragione verso un aumento dell’impegno militare a suo favore. Tutto lo scenario internazionale sembra volgere a favore di Putin. Incluso il rafforzamento delle destre sovraniste in Europa.
Gli imperialismi UE non sembrano oggi in grado di sostituire gli USA nel sostegno militare all’Ucraina. Né economicamente né politicamente, e neppure militarmente. Il grande salto di investimenti militari in Europa non ha ancora conosciuto una traduzione tempestiva e corrispondente in termini materiali. Manca un complesso industriale-militare capace di rimpiazzare quello americano. Le diverse industrie belliche nazionali competono l’una con l’altra, con diciassette sistemi d’arma diversi.
Si moltiplicano inoltre le contraddizioni fra i diversi stati nazionali imperialisti. La principale potenza militare europea, la Francia, ha alluso con Macron allo scenario di un possibile intervento diretto di truppe francesi o NATO in Ucraina. Ma è una sparata a salve. Tutti gli esperti militari concordano nel ritenere che la Francia non reggerebbe neppure una settimana di guerra vera sul campo, per l’assenza di un supporto militare adeguato. Perché Macron allora è uscito con questa allusione? Per un insieme di ragioni: sottolineare che la Francia è la principale potenza militare in UE, e non la Germania (nonostante i 100 miliardi di investimento militare stanziati dal governo tedesco); che è la Francia, quale principale potenza militare europea, ad essere titolata a guidare in futuro un eventuale negoziato di pace in Europa, e non la Germania. Forse si è trattato anche un tentativo di minaccia deterrente (velleitaria) nei confronti della Russia (del tipo: “non pensate di arrivare a Kiev, perché altrimenti…”, ecc).
In ogni caso, con la sua uscita, Macron ha indirettamente contribuito a spiegare a tutti la differenza di fondo tra un intervento militare diretto e un sostegno militare esterno. La NATO e i suoi imperialismi portanti si sono affrettati a dichiarare che non vogliono entrare direttamente in guerra contro la Russia. Lo stesso governo francese ha ripiegato.
Il punto è che mentre l’intervento diretto è una minaccia a salve, il sostegno esterno è sempre più debole. Questo è un problema oggettivo per il governo ucraino.
La crisi del fronte ucraino
Gli aiuti militari che gli imperialismi occidentali hanno inviato all’Ucraina si sono rivelati assai più modesti nella realtà che nella propaganda: una controffensiva fallita per assenza di copertura aerea, assenza cronica di munizioni, mancanza di sistemi Patriot per proteggere le città dai missili ipersonici russi… L’avanzata russa sul fronte di guerra è (anche) la risultante di questo.
Nel mentre si complica il fronte politico interno all’Ucraina. Il governo borghese di Zelensky ha evitato le elezioni ma non può evitare la demotivazione legata agli insuccessi. Il fallimento della controffensiva è stato un boomerang. Il disincanto della popolazione accresce le difficoltà di reclutamento. Il reclutamento forzato aumenta lo scollamento interno.
Zelensky ha dovuto rinunciare al reclutamento annunciato di 500000 uomini, limitandosi ad abbassare da 27 a 25 anni l’età della coscrizione. Ma non sa su quali numeri reali potrà contare. Intanto le contraddizioni interne all’apparato militare e amministrativo si allargano. Il Presidente ucraino cerca di aggirare le difficoltà prendendo tempo, massimizzando le pressioni su USA, NATO, UE per ottenere nuovi aiuti, promuovendo continui cambi ai vertici delle forze armate, centralizzando il comando nelle proprie mani, cercando di moltiplicare gli interventi militari ucraini in territorio russo attraverso le imprese spettacolari dei droni.
Sinora l’unico colpo riuscito riguarda l’intervento sulla marina russa nel Mar Nero, e il bombardamento di una serie di raffinerie in Russia (nonostante la raccomandazione contraria degli USA). Ma l’effetto materiale è inevitabilmente modesto. E l’effetto propagandistico sul piano interno è effimero. Mentre gli attacchi alla popolazione civile russa, per quanto limitati alla frontiera, offrono nuovi argomenti allo sciovinismo imperialistico di Putin, che addirittura cerca di attribuire all’Ucraina la responsabilità dell’attentato terroristico al Crocus. Una attribuzione grottesca, falsa e cinica, che ha trovato sponda in Italia in qualche ambiente vicino al Fatto Quotidiano (come nel caso di Pino Arlacchi). Ma una attribuzione che in Russia fa leva sui riflessi condizionati pavloviani del clima di guerra. Per l’Ucraina è un ulteriore problema.
I possibili scenari della guerra
Non facciamo previsioni militari ma valutazioni politiche. Putin cercherà probabilmente di simulare disponibilità negoziali per accrescere le difficoltà degli imperialismi NATO sul fronte della loro opinione pubblica. Ma non ha oggi la necessità di trattare, essendo all’offensiva sul fronte militare. Né ha l’interesse a farlo sino alle elezioni di novembre negli USA, dove spera che una eventuale (probabile?) vittoria di Trump possa offrirgli altre carte da giocare.
Putin proseguirà dunque congiuntamente l’offensiva militare e la manovra diplomatica. L’obiettivo militare è riconquistare Charkiv a nord e puntare ad Odessa nel sud, la cui conquista sarebbe fondamentale per chiudere all’Ucraina ogni sbocco sul mare, precipitare la sua crisi interna, poter esibire un trofeo di grande prestigio all’opinione pubblica russa. Medvedev per parte sua continua a ribadire pubblicamente che l’obiettivo di fondo della Russia resta Kiev, perché il popolo ucraino come entità distinta non può esistere. Di certo le ragioni imperiali della guerra russa sono ribadite a ogni passo. Chi parla di guerra per procura della NATO rimuove le ragioni dichiarate dell’imperialismo russo già al piede di partenza dell’invasione.
È possibile un crollo del fronte militare ucraino? È possibile. In assenza di mezzi, uomini, munizioni, Zelensky può essere costretto ad arretrare la linea di difesa. Nei fatti, la gestione della guerra da parte della borghesia ucraina e del suo governo volge al peggio. Ha puntato tutto solo sull’aiuto degli imperialismi NATO, col risultato di trovarsi scoperto proprio su quel versante. L’aiuto non solo non sarà incrementato, ma sarà sempre più problematico. Il Congresso USA ha congelato i fondi. La proposta di 100 miliardi in cinque anni ventilati da Stoltenberg (NATO) si trova già contestata al piede di partenza da diversi paesi. L’uso dei fondi russi depositati in Occidente si scontra con gli interessi del capitale finanziario e le regole del suo casinò.
Le stesse promesse politiche all’Ucraina segnano il passo. La promessa dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO deve attendere la fine della guerra, perché altrimenti la NATO sarebbe vincolata a un intervento diretto che non è nei suoi desideri. L’ingresso dell’Ucraina nella UE cammina su tempi lunghi, ed è osteggiato per ragioni finanziarie dagli stessi paesi alleati (Polonia) che temono di perdere i sussidi agricoli. Diversi imperialismi UE stringono accordi bilaterali con l’Ucraina (generalmente decennali) a futura memoria, ma tutti perciò stesso riguardano il dopoguerra e la spartizione del mercato della ricostruzione più che il conflitto in corso, rivelando l’assenza di una linea UE dentro la concorrenza spietata tra i suoi imperialismi nazionali.
Il pugno di mosche di Zelensky. Le ipotesi di “pace per procura” tra imperialismi
La linea di Zelensky si trova in mano un pugno di mosche. Nello sforzo di garantirsi il sostegno dei capitalisti ucraini, Zelensky ha moltiplicato le misure a loro favore riducendo loro le tasse, liberalizzando i licenziamenti, comprimendo i diritti sindacali, moltiplicando svendite e privatizzazioni a vantaggio dei capitali occidentali. Ma così ha semplicemente demotivato le energie difensive della popolazione ucraina, quelle che all’inizio della guerra si erano espresse nell’arruolamento di centinaia di migliaia di volontari per difendere il paese dall’invasione e ora sono largamente rifluite o depresse. Una guerra di liberazione nazionale sotto la guida della borghesia ucraina ha rivelato inevitabilmente tutte le proprie debolezze. A due anni dall’invasione russa e dalla vittoriosa difesa di Kiev contro la colonna di 60 chilometri di carri armati russi, la linea Zelensky mostra la corda. Un’opposizione di classe in Ucraina dovrebbe contestare la gestione borghese della guerra investendo nella mobilitazione indipendente della classe operaia e della popolazione povera: quella interessata a difendere il proprio lavoro e i propri diritti dagli invasori russi, ma anche dagli oligarchi ucraini, che Zelensky protegge.
Le diplomazie imperialiste stanno cercando dietro le quinte una via d’uscita per sé, non per l’Ucraina. La trama ufficiosa su cui si lavora, dietro le quinte, sembra quella di una tregua fondata sullo scambio: l’Ucraina concede alla Russia i territori conquistati con l’invasione, la NATO offre ospitalità a ciò che resta dell’Ucraina. Un compromesso tra briganti. Una spartizione dell’Ucraina tra imperialismo invasore e imperialismi NATO. Oggi l’operazione di scambio fatica ad aprirsi un varco, ma un’elezione di Trump alla presidenza degli Stati Uniti potrebbe ampliare le sue chance. Tanta parte del pacifismo saluterebbe forse questa soluzione come la ritrovata “pace”. Ma sarebbe una pace imperialista. Una pace per procura tra vecchie e nuove potenze.
Può essere che l’Ucraina si trovi in futuro costretta a tale soluzione da un rapporto di forza obiettivamente impari. In ogni guerra sono possibili cedimenti obbligati e dolorosi. Valse persino per i bolscevichi a Brest-Litovsk. Ma ciò non muterebbe la natura imperialista della soluzione siglata: l’imperialismo russo vedrebbe premiata la ragione annessionista della propria guerra; gli imperialismi NATO allargherebbero ulteriormente la propria alleanza in Europa, dopo l’ingresso di Svezia e Finlandia. Una simile pace non potrebbe essere definita diversamente che come pace tra briganti.
il posizionamento indipendente dei Marxisti rivoluzionari
Ricapitoliamo allora il nostro posizionamento, da marxisti rivoluzionari, verso la guerra in Ucraina.
1. Abbiamo difeso e difendiamo l’Ucraina e il suo diritto di resistenza dalla guerra d’invasione dell’imperialismo russo, che era ed è anche il diritto ad usare a questo scopo gli aiuti militari (interessati) degli imperialismi NATO. La storia delle resistenze dei popoli oppressi ha mostrato un’infinità di volte il loro utilizzo a proprio vantaggio delle contraddizioni imperialiste. La resistenza irlandese alla Gran Bretagna usò l’appoggio tedesco, la resistenza etiope all’Italia usò l’appoggio britannico, la resistenza curda all’ISIS ha usato recentemente l’appoggio americano… Tutti gli appoggi erano interessati. Ma il loro uso è stato legittimo. Lo stesso vale per l’Ucraina.
2. La nostra difesa dell’Ucraina dalla guerra d’invasione russa non significa appoggio politico a Zelensky. Al contrario. Il governo borghese di Zelensky è contro i lavoratori a vantaggio degli oligarchi e degli imperialismi occidentali. La stessa gestione borghese della guerra ha contribuito ad accrescere le difficoltà della resistenza. Un’opposizione di classe in Ucraina deve battersi contro il governo Zelensky per misure anticapitaliste (esproprio dei capitalisti, cancellazione del debito verso il capitale finanziario, armamento operaio e popolare) e per una alternativa di governo (un governo dei lavoratori). È la lotta per una direzione di classe alternativa della resistenza all’invasione russa. Per una soluzione socialista della crisi ucraina.
3. Siamo contrari a ogni escalation interimperialista della guerra, a ogni invio di truppe NATO in Ucraina, a ogni rafforzamento e allargamento della NATO, a ogni incremento di spese militari degli imperialismi di casa nostra. Per questa stessa ragione non abbiamo rivendicato l’invio di armi all’Ucraina. L’Ucraina ha il diritto ad usarle per difendersi dalla guerra d’invasione dell’imperialismo russo, noi abbiamo il dovere di mettere in guardia (anche) i lavoratori ucraini dagli interessi predatori degli imperialismi NATO. A maggior ragione, se la guerra si trasformasse in uno scontro diretto tra la Russia e gli imperialismi NATO, con l’invio di truppe NATO in Ucraina (scenario ad oggi improbabile), la nostra posizione cambierebbe in direzione di un disfattismo bilaterale su entrambi i fronti.
4. La nostra soluzione di giusta pace ha rivendicato, sin dall’inizio della guerra, il ritiro delle truppe d’invasione russa dai territori annessi dopo il febbraio 2022, il diritto di libera autodeterminazione delle popolazioni del Donbass (che difendemmo dopo il 2014 dal governo reazionario ucraino post-Maidan), il riconoscimento dell’appartenenza della Crimea alla Russia (in quanto la sua popolazione è russa), la neutralità dell’Ucraina rispetto ai poli imperialisti. È una soluzione oggi distante dai rapporti di forza sul campo, e dai progetti dei principali attori. Ma è l’unica soluzione rispettosa dei diritti dei popoli. Altre soluzioni di pace possono rivelarsi, a certe condizioni, inevitabili. Ma sarebbero soluzioni imperialiste, patteggiate da predoni.
In conclusione. Su ogni versante e in ogni piega della guerra, il posizionamento dei marxisti rivoluzionari muove sempre da un’angolazione di classe, anticapitalista, internazionalista. È ciò che ci distingue dai campisti, dai pacifisti, dai riformisti, dai centristi di ogni declinazione ed estrazione. Ne siamo orgogliosi.