Nell’ultimo anno e mezzo, l’Opposizione Trotskista Internazionale (OTI) e la Lega per la Quinta Internazionale (LQI) hanno tenuto una serie di riunioni e altri incontri, e si sono scambiarsi lettere e documenti.
Il 17 dicembre 2023, gli organi dirigenti dell’Opposizione Trotskista Internazionale (OTI) e della Lega per la Quinta Internazionale (LQI) hanno tenuto una videoconferenza che ha confermato che l’OTI e la LQI concordano sostanzialmente su molte posizioni programmatiche e sull’analisi della situazione politica mondiale.
Entrambi riconosciamo che il periodo attuale è caratterizzato da una lotta sempre più aspra per la nuova spartizione del mondo tra le grandi potenze, i vecchi stati imperialisti come gli Stati Uniti e i loro alleati (le potenze imperialiste dell’Europa occidentale, il Giappone, l’Australia e altri) da un lato, e le nuove potenze imperialiste, Cina e Russia, dall’altro.
Siamo d’accordo sulla necessità di combattere tutte queste potenze imperialiste e i blocchi emergenti. La classe lavoratrice non deve dare sostegno a nessuna di esse. In tutti gli Stati imperialisti deve riconoscere che il nemico principale in questa lotta è “in casa”: la “propria” borghesia imperialista.
Allo stesso tempo, riconosciamo che questa rivalità e competizione globale non subordina la necessità di difendere il diritto all’autodeterminazione e le lotte democratiche delle nazioni oppresse.
Nella guerra d’Ucraina, dobbiamo respingere non solo il bellicismo dell’imperialismo russo, ma anche le sanzioni economiche e la nuova guerra fredda condotta da Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e tutta l’Unione Europea. Tuttavia, il conflitto imperialista globale non rende reazionaria la lotta ucraina contro l’invasione imperialista russa. La classe lavoratrice deve difendere l’Ucraina dall’attacco di Putin, senza dare alcun sostegno al regime reazionario di Zelensky, lottando per l’indipendenza politica della classe lavoratrice da tutte le forze borghesi.
Siamo anche d’accordo sul fatto che i rivoluzionari debbano sostenere la resistenza palestinese a Gaza e in Cisgiordania contro la guerra condotta da Israele. È dovere urgente di tutti i rivoluzionari dare il massimo sostegno al movimento mondiale di solidarietà con la Palestina, presentando allo stesso tempo una chiara prospettiva rivoluzionaria anticapitalista per il suo sviluppo, lottando per uno Stato laico, democratico e socialista in tutta la Palestina, come parte della federazione socialista in Medio Oriente.
Siamo d’accordo sulla necessità di rifondare un’Internazionale operaia rivoluzionaria e sulla necessità di mettere in atto passi pratici immediati verso la sua rifondazione. Questo processo ci ha portato entrambi a concordare di entrare in un periodo di discussione, con l’obiettivo di una fusione su una base di accordo programmatico.
Ma continuiamo a non essere d’accordo su due importanti questioni metodologiche legate a questo processo.
PUNTI DI DISCUSSIONE
L’OTI e la LQI concordano sul fatto che nessun movimento, compreso il movimento sindacale, può costruire un’Internazionale rivoluzionaria, essenzialmente per le stesse ragioni per cui nessun movimento, compreso il movimento sindacale, può costruire un partito rivoluzionario. Come spiegava Lenin nel Che fare?, lo spontaneismo è insufficiente. Perciò sono necessari un programma e una leadership marxista rivoluzionaria.
Siamo d’accordo che in alcuni paesi, in alcuni momenti – quando non c’è una rappresentanza della classe lavoratrice nello spettro politico, esistono importanti organizzazioni sindacali e il movimento rivoluzionario è debole – i rivoluzionari potrebbero dover proporre che le organizzazioni di massa dei lavoratori o degli oppressi formino un proprio partito politico. Questa proposta potrebbe essere rivolta ai sindacati sotto forma di un partito del lavoro, oppure a un movimento di massa dinamico di un settore della classe lavoratrice.
I rivoluzionari dovrebbero proporre un programma di transizione anticapitalista per tale partito, spiegando che la formazione di un tale partito sarebbe un passo avanti per la classe lavoratrice, sia che la loro proposta venga accettata o meno.
Concordiamo con Trotsky, Cannon e i trotskisti americani del 1938 sul fatto che questo partito non deve essere confuso con il partito marxista rivoluzionario o con una sezione di un’Internazionale rivoluzionaria, poiché questi devono essere basati su militanti attivi raggruppati su un programma e una teoria pienamente marxisti, e organizzati secondo linee centraliste democratiche.
La LQI, tuttavia, ritiene che in circostanze favorevoli tale partito operaio potrebbe fungere da ponte o transizione verso un partito pienamente rivoluzionario, a seconda del successo delle forze rivoluzionarie nel conquistarlo al proprio programma e all’organizzazione leninista del partito.
L’OTI, al contrario, vede questo ipotetico partito del lavoro come un’organizzazione strutturata su un fronte unico, come i sindacati, di cui è un’espressione politica. L’obiettivo del partito rivoluzionario è quello di cercare di conquistare la massima influenza e possibilmente l’egemonia all’interno del partito del lavoro, per usarlo come strumento a supporto della lotta per il potere.
L’OTI sostiene che è molto improbabile che i movimenti spontanei creino organizzazioni internazionali, se non in una forma in cui i burocrati sindacali, i partiti politici riformisti e le ONG li dominino a tal punto da rendere non appropriata la tattica del partito del lavoro.
La LQI, invece, sostiene che gli attivisti dei sindacati e dei movimenti potrebbero creare un forum internazionale al quale – se questo non fosse dominato da forze burocratiche e piccolo-borghesi, come lo erano i forum sociali del primo decennio del secolo – i rivoluzionari potrebbero rivolgersi facendo agitazione tatticamente affinché questi militanti si assumano il compito di costruire una nuova Internazionale. La LQI ritiene che non ci siano buone ragioni per credere che questo sia, in linea di principio, meno fruttuoso della tattica del partito del lavoro sviluppata da Trotsky alla fine degli anni Trenta.
Questo forum potrebbe partire dall’organizzazione di azioni comuni coordinate in difesa dei lavoratori in lotta nei diversi paesi e continenti, compresi quei settori che subiscono l’oppressione di genere, razziale o nazionale, o in opposizione alle guerre e agli interventi imperialisti. Ma allo stesso tempo, sarebbe necessario lottare instancabilmente per un programma pienamente rivoluzionario e per gli elementi chiave del centralismo democratico, creando così una leadership rivoluzionaria e un’Internazionale nella tradizione delle quattro precedenti Internazionali.
L’OTI ribadisce su un livello internazionale la nostra analisi della posizione di Trotsky e Cannon negli anni ’30, descritta sopra, che è semplicemente la difesa, in relazione all’articolazione di una tattica nei confronti dell’intero movimento operaio, dei principi leninisti sulla necessità e sul ruolo del partito operaio rivoluzionario.
Se l’ipotesi avanzata dalla LQI si realizzasse – cosa che appare all’OTI estremamente improbabile – l’OTI la sosterrebbe non come un passo verso l’Internazionale rivoluzionaria ma come la costruzione di un’organizzazione strutturata su un fronte unico a livello internazionale, così come sarebbe un partito del lavoro a livello nazionale.
Se il forum fosse interclassista, come il movimento del Forum Sociale Mondiale o i Fridays for Future, il mantenimento dell’indipendenza politica e della disciplina centralista democratica dell’organizzazione rivoluzionaria sarebbe necessario in termini di classe, oltre che politici.
La differenza non ha implicazioni pratiche immediate, poiché la Federazione Sindacale Mondiale (WFTU) e altri forum internazionali attualmente esistenti sono dominati da forze burocratiche e piccolo-borghesi, e la LQI non propone di applicare nei loro confronti una tattica del tipo del partito del lavoro. Ma dobbiamo esplorare il disaccordo metodologico per verificare se può portare a problemi in futuro.
L’OTI e la LQI concordano sulla necessità di impegnarsi in una lotta e in un dibattito comuni con le organizzazioni marxiste rivoluzionarie e centriste di sinistra a noi vicine, per analizzare le loro posizioni politiche e unificarci con esse se dovesse essere raggiunto un accordo sui principi.
Non siamo d’accordo su come caratterizzare le altre organizzazioni trotskiste. L’OTI considera le organizzazioni trotskiste cui ha dato la priorità come organizzazioni genuinamente rivoluzionarie, con vari limiti politici ed errori teorici o pratici. La LQI le considera centriste di sinistra, eventualmente orientate a sinistra, come quelle che Lenin ha attirato nella Terza e Trotsky nella Quarta Internazionale.
Non siamo d’accordo sull’esistenza di un modello generale di settori in evoluzione a sinistra verso il trotskismo, e quindi, da parte nostra, sulla necessità di una politica generale di raggruppamento rivoluzionario verso le forze coerentemente trotskiste e quelle centriste orientate a sinistra.
La LQI, pur accogliendo con favore e lavorando per l’unità con tutte le organizzazioni nazionali o le correnti internazionali orientate a sinistra, non crede che una nuova Internazionale possa essere semplicemente una raccolta allargata di gruppi di propaganda, ma che sia un obiettivo da perseguire e per cui combattere nelle organizzazioni di massa della classe lavoratrice e degli oppressi.
L’OTI concorda sul fatto che una nuova Internazionale non può essere semplicemente una raccolta allargata di gruppi di propaganda e dovrà attirare la massa dell’avanguardia operaia. Il problema è che l’OTI, la LQI e altri gruppi internazionali marxisti rivoluzionari sono ancora troppo piccoli per avere abbastanza influenza nelle organizzazioni di massa. Siamo gruppi combattivi di propaganda, che intervengono nelle lotte per sviluppare e illustrare il nostro orientamento. Stiamo raggruppando le forze per intervenire su scala più ampia. Siamo nella fase della “Dichiarazione dei quattro” in quello che fu lo sviluppo della Quarta Internazionale.
L’OTI e la LQI si scambieranno documenti e organizzeranno incontri per approfondire le due questioni irrisolte. Per evitare un prolungamento indefinito dell’attuale fase di discussione, ci daremo un massimo di diciotto mesi per giungere a una conclusione. Se la conclusione sarà positiva, apriremo una discussione precongressuale verso un congresso di fusione, coinvolgendo, se possibile, altre forze che la pensano come noi.
Nel frattempo, continueremo e approfondiremo l’attuale fase di discussione attraverso lo scambio di opinioni sugli eventi che si susseguiranno, dichiarazioni congiunte su questioni importanti, ulteriori revisioni di documenti, e incontri per conoscere il nostro approccio pratico negli interventi nella lotta di classe e per verificare l’accordo effettivo che riscontriamo su altre questioni.